Esequie di Ottorino Pasquetti

Sir 11,12-28; Sl 127; Lc 24,1-9
12-02-2019

«Gli occhi del Signore lo guardano con benevolenza». Il brano del Siracide lascia emergere non tanto un giudizio sulla persona che stiamo salutando, quanto una convinzione abituale di Ottorino: sentirsi guardato con benevolenza da Dio. Questa certezza affettiva spiega la vivacità del padre di famiglia, la curiosità del cronista, la passione dell’amministratore pubblico. La fede per Ottorino non è stata un lascito ricevuto in dote, ma un cammino esigente ed avvincente. Dove ha compreso che credere non è un vestito per le grandi occasioni, ma l’ispirazione segreta di ogni giorno. E per questo si è rimesso continuamente in discussione, pur essendo uomo dalle radicate convinzioni e dalle incrollabili certezze.

«Persevera nel tuo impegno e dedicati a esso, invecchia compiendo il tuo lavoro». Il testo ispirato ci offre un altro spunto: Ottorino è invecchiato compiendo il suo lavoro, quasi fino alla fine. Era interessato a tutto quello che si muoveva in Città e preoccupato per quanto era stagnante. Soprattutto, è stato perseverante nell’osservare attentamente la vita sociale, di cui cercava di tessere la trama per ritrovarne il filo rosso dell’impegno personale e sociale. Ciò che fa difetto alla nostra generazione è la continuità dei propositi, accontentandoci di buone intenzioni. Se un neo c’è da rilevare tra quelli come Ottorino è semmai qualche attimo di ‘retrotopia’, cioè di nostalgia, per quel che era stato il sogno degli anni ’70. Ma per il resto, scrivere, documentare, informare è stato il suo modo di invecchiare.

«Prima della fine non chiamare nessuno beato; un uomo sarà conosciuto nei suoi figli». La sapienza ebraica tocca qui il suo culmine. Mai farsi impressionare dai vincenti di turno. Quel che resta di ognuno è solo quello che si riesce a trasmettere ai figli. E naturalmente non mi riferisco al contante. Ciò che conta è soltanto quel certo sentimento dell’esistenza che porta a vivere nel mondo da protagonisti e non agitati da livore e frustrazione. C’è bisogno di adulti, come Dio comanda, che sappiano impegnarsi per favorire la crescita dei più giovani. E far crescere significa sempre ‘sparire’ perché gli altri ormai in piedi sulle loro gambe alimentino lo stesso processo: grazie a me, puoi stare al mondo, senza di me. Così la vita continua a scorrere. Non siamo nati per restare giovani. Siamo nati per diventare adulti, cioè per traghettare la vita. Ottorino ha spinto la vita in avanti perché aveva chiaro questo passaggio di consegna, sapendo per fede che c’è vita oltre la giovinezza. Di più la vera vita è oltre la giovinezza. Come ascoltato per bocca dei due uomini in abito sfolgorante nel brano evangelico: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto”.