XXXII Domenica del Tempo Ordinario (Arquata del Tronto)

(Sap 6, 12-16; Sal 62; 1 Ts 4,13-18; Mt 25, 1-13)
08-11-2020

«Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e si addormentarono». Le dieci damigelle d’onore, chiamate a scortare la sposa, finiscono per crollare dalla stanchezza. Quando poi a mezzanotte lo sposo arriva si produce una incrinatura improvvisa: da un lato le sagge e dall’altra le stolte. Le prime, infatti, hanno provveduto a mettere da parte olio per ungere gli stracci issati sui bastoni; le altre invece se ne sono scordate. Che hanno le sagge che manca alle stolte? Due qualità: il senso del ‘dopo’ e la determinazione personale. Oggi sono due cose rare che finiscono per fare della nostra una generazione stolta. Non pensiamo mai alle conseguenze delle nostre azioni, cioè non mettiamo mai in campo il ‘dopo’ e ci lasciamo sopraffare da ‘ora e qui’. Anche la pandemia questa scorsa estate è stata sottovalutata. Contava solo il tempo libero, le vacanze, la libertà! Così come siamo poco avvezzi a valutare quanto ciascuno condiziona nel bene e nel male la situazione più generale. Siamo tendenzialmente assistiti: ci si aspetta tutto o quasi. Anche nel post terremoto è accaduto così: c’è che si è dato da fare e chi no.

Essere saggio, dunque, non ha a che fare con l’erudizione. Stolto è l’uomo che ha smesso di interrogarsi, soddisfatto o rassegnato nelle proprie abitudini, o distratto. Insomma, è un superficiale che non si chiede che cosa stia accadendo, vive alla giornata e tira a campare. È una stoltezza prima del cuore che dell’intelligenza! C’è bisogno di sapienza ieri come oggi. A condizione di imparare che essa è un dono di Dio che va cercato ma la sapienza “previene” chi la cerca, si lascia trovare facilmente, è seduta alla porta di casa, la si incontra per le strade. Ma è pure un dono esigente e la ottiene solo chi l’ama con passione, la desidera e la cerca senza farsi pace. Solo chi è saggio evita di diventare stupido e a rigori la stupidità è peggio della malvagità. Infatti quando si è malvagi permane una intelligenza con cui ragionare. Per contro con la stupidità non si riesce a trattare! Oggi abbiamo bisogno di saggezza e di evitare la stupidità sia per uscire dalla pandemia sia per entrare nella ricostruzione.

C’è un ultimo dettaglio che dà a pensare nella parabola che è propria sola di Matteo. L’invito del Maestro è netto: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». Non si tratta di una minaccia, ma di un invito alla concretezza. Non si vive di rimandi pensando che non toccherà mai a me; non si tratta di riempirsi di parole senza mai fare scelte coerenti; non basta limitarsi a biascicare preghiere senza conseguenze concrete. Occorre mettere da parte l’olio di azioni positive e di opere buone perché nulla e nessuno possa mai sorprenderci.