Veglia pasquale: «Una gioia diversa da vivere nelle nostre case»

(Mt 28,1-10)
11-04-2020

«Ed ecco vi fu un gran terremoto». Sentire la terra muoversi sotto i piedi è cosa da restare impietriti, come ben sappiamo. Per l’evangelista Matteo però è solo un modo per dire che la resurrezione di Gesù fu una sorpresa inaspettata. Nessuno, del resto, avrebbe scommesso su un ‘Messia sconfitto’, che pende dalla croce come un “maledetto”. Tant’è che tutti erano fuggiti, in primis i discepoli. Anche la pandemia in corso è un «gran terremoto», emotivo ed esistenziale. Di colpo siamo stati sbalzati dalla nostra routine, scoprendo la fragilità di un sistema economico e sociale che sembrava inossidabile. E invece ora è fermo. Come mettere insieme la Pasqua e il coronavirus? Come tentare un’interpretazione di questo tempo senza arrestarci al bollettino quotidiano di contagi, decessi, guariti?

«So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto come aveva detto». Dietro queste parole si nasconde la chiave per capire che cosa sta succedendo. Le donne coraggiosamente non hanno abbandonato il Maestro nell’ora della prova e non fuggono neanche dinanzi alla morte. La segreta ragione della paura di questi giorni difficili è la paura della morte. Siamo improvvisamente ‘diventati’ mortali: la vita è a rischio e, comunque, a termine . Non che prima non fosse così, ma lo avevamo messo tra parentesi. Ora le donne alle prime luci dell’alba vanno al sepolcro e sulla loro strada incontrano l’imprevisto di Dio. Al di là di come ne usciremo sul piano economico e sociale, è importante – fuori dal tunnel  – conservare il senso del limite per invocare non solo la salute, ma la salvezza. Quando, infatti, ci si sbarazza troppo frettolosamente di Dio, si finisce per accantonare le domande più radicali e vivere nel totale disinteresse per il senso della vita.

Credere ai tempi del coronavirus è invocare un intervento dall’alto che ci sottragga al dolore e alla morte, ma anche cercare ed invocare Dio che non è mai alle nostre spalle, ma è sempre avanti nel futuro. Perché come scrive Eugenio Montale, rivolgendosi a Cristo: «Non posso pensarti dolente da che la morte odora di risurrezione».