“La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà fino al giorno in cui il Signore manderà la pioggia sulla faccia della terra”. A prima vista, nella nostra condizione di terremotati, potremmo essere tentati di considerare tali parole come vuote o consolatorie. Mentre questa pagina biblica del Primo Testamento che racconta dell’incontro di Elia con una povera vedova contiene una speranza anche per noi in questa notte, mentre si avvicinano le 3.36.
Nel paese, dunque, regna la siccità. Ed è proprio in questo contesto arido e senza vita che viene invitato a restare Elia. Mentre sembrerebbe che la cosa migliore sarebbe di andare altrove. Ma le parole del Signore sono inequivocabili: “Alzati, va a Sarepta di Sidone; ecco, io ho là dato ordine a una vedova di sostenerti”. Ed Elia obbedisce, pur sapendo che è difficile che una donna, per di più vedova, possa aiutarlo. E, infatti, come arriva e incontra la donna le chiede una mano, ma si sente rispondere: “Non ho nulla di cotto, ma solo un pugno di farina nella giara e un po’ d’olio nell’orcio”. Ma Elia non si arrende e le dice subito: “Non temere… Prima però prepara una piccola focaccia per me”. Anzitutto: non aver paura! E poi la strana richiesta di una precedenza da dare all’altro: “Prima però…”. Si introduce così non una richiesta irricevibile, ma la… fiducia. Ed è questa la prova che non siamo disperati: quando, cioè, siamo capaci di fare qualcosa che “prima però” pensa ad altri rispetto a noi stessi. Questa è la strada per ritrovare la speranza e scommettere sul futuro. Lo dico stasera pensando soprattutto ai parenti delle vittime che sono orfani di una presenza che li ha impoveriti in modo irreversibile, come la vedova. E tuttavia, sono capaci di andare avanti nella vita di ogni giorno dando addirittura la precedenza ad altri. Questa grandezza d’animo è il segno di una speranza che non muore.
Allora comprendiamo le parole sferzanti di Gesù: “Beati, voi poveri… Beati voi che ora avete fame… Beati voi che ora piangete…Beati voi quando gli uomini vi odieranno…Ma guai a voi, ricchi… Guai, a voi, che ora siete sazi…Guai, a voi, che ora ridete…Guai a quando tutti gli uomini diranno bene di voi”. Non si tratta di un augurio per alcuni o di una maledizione per altri. Ma dell’assicurazione che anche la condizione ad oggi più compromessa può essere aperta al futuro. Mentre quella più garantita può essere esposta al fallimento. L’annuncio sotteso è che soltanto condividendo quello che si è e si ha sarà possibile capovolgere la realtà. Questa è anche la nostra preghiera a 4 anni dal terremoto: continuare a condividere i pesi gli uni degli altri. Allora accadrà l’impossibile: “La farina della giara non si esaurirà e l’orcio dell’olio non diminuirà”.