Pentecoste: «Crescere dentro per fiorire fuori»

(At 2,1-11; Sl 104; 1 Cor 12,3b-7.12-13;; Gv 20, 19-23)
01-06-2020

Al quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua”. Pentecoste è l’anti-Babele. Nella città antica che voleva dare l’assalto al cielo si finisce per non intendersi affatto e per parlarsi addosso, col risultato della divisione. A Pentecoste, invece, accade che – perfino tra stranieri – ci si comprenda perché lo Spirito è “armonia di diversità”. È festa che mette “tutti insieme” (At 2,2) senza dimenticare “ciascuno di loro” (At 2,3), “opera tutto in tutti” e al contempo “a ciascuno è data una manifestazione particolare” (1 Cor 12,6-7). Non siamo più di fronte a una massa indistinta e anonima, ma al ciascuno singolare e personale che opera per la comune edificazione dell’intero. Dobbiamo riconoscere che dietro il fallimento della globalizzazione c’è, in fondo, Babele più che Pentecoste: tutti uguali e nessuno diverso. Col risultato che l’unità non si crea, ma si impone soltanto l’uniformità della cultura, dell’economia, del divertimento. Mentre il desiderio dell’umanità è quello del giorno di Pentecoste e consiste nel mettere insieme l’unità e la diversità.

Ma come si fa a sentirsi uniti, senza diventare una massa informe; come mettere insieme la comunione senza perdere se stessi? Ci vuole lo Spirito e non basta la materia. In una parola, l’unità parte ‘da dentro’: non basta inseguire gli istinti dicendo che siamo fatti così, ma lasciarsi trasformare dallo Spirito che porta a far pace con sé stessi. Gente in gamba è quella che fa frutto diventando padrone di sé stessa piuttosto che alimentando le faide degli uni contro gli altri. Per questo lo Spirito è necessario, come l’ostetrica che aiuta nel momento decisivo del parto. Così ci fa compiere un viaggio: dall’esterno all’interno, dalla periferia al centro, da una conoscenza per sentito dire a una comprensione profonda del Maestro.

Lo Spirito di Gesù, dunque, ci aiuta a crescere ‘dentro’ e gli effetti non tardano a manifestarsi ‘fuori’. Così è stato durante questo tempo del coronavirus che è stata anche una forte esperienza spirituale. Abbiamo imparato a cercare rispetto alla normalità non tanto visibilità, ma profondità. Siamo stati costretti a non disperderci in mille rivoli, ma a concentrarci sull’essenziale. E, da ultimo, abbiamo sviluppato una fede meno superficiale e più legata a convinzioni interiori. È partendo da ciò che c’è “dentro” che si crea armonia “fuori”. L’armonia, infatti, è l’altro nome dello Spirito. C’è un altro vaccino da trovare, non meno necessario – ed è quello spirituale perché si diventi sempre più armonici. Come affermato da un saggio, credente e ispiratore dei popoli: “La felicità è quando ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai sono in completa armonia” (Gandhi).