Omelia in occasione dell’Apertura dell’Anno Giubilare

Le planimetrie di una Chiesa finalmente giubilare
29-12-2024

Carissime sorelle e fratelli,
l’inizio in Diocesi dell’Anno giubilare chiede a tutti noi di metterci in un rinnovato ascolto del Vangelo, senza del quale non si da nè Giubilo nè Giubileo. Oggi ancora sentiamo dilatato quell’anno di Grazia che Gesù è venuto a inaugurare (cf Lc 4,14-21). Dio è sempre colui che apre. Sante infatti sono tutte le porte, i varchi, le braccia che si aprono mai quelle che si chiudono. Così è nelle Scritture ebraiche e cristiane, così è nella vita buona e santa di tanti che non si limitano a dire “Signore Signore” ma compiono la volontà di Dio, talvolta anche senza saperlo (cf Mt 25,44-45).
Come pellegrini allora lasciamoci indicare dal Maestro le vie da percorrere per essere uomini e donne giubilari, animati dalla Speranza che non delude.
La pagina evangelica appena ascoltata mi pare indicare le planimetrie di una Chiesa che voglia essere autenticamente e finalmente giubilare, perciò, a partire da essa, vorrei evidenziare tre fotogrammi, sperando di non disperdere tutto il sapore di famiglia, di cammini, anche di angosce come pure di ritrovi, di salite e discese che qui sono significate.
La Famiglia di Nazareth sa di custodire il Mistero e dal Mistero si fa portare, sempre. Ed è proprio il Mistero, quello di Dio, a renderla itinerante, pellegrina. Non è mai la staticità o l’immobilismo il suo forte. È una famiglia, per grazia, molto lontana dal colore evanescente di tante immaginette devozionali e molto vicina al colore reale della vita. Maria e Giuseppe con Gesù di strade se ne intendevano. Hanno dovuto, insieme, imparare a coniugare strade e sogni sapendo che ogni strada che non parte dal Sogno di Dio che è sempre un bene-per-gli-altri è destinata a riverlarsi vicolo cieco e muto.

Ecco i tre fotogrammi:

  1. Maria e Giuseppe nell’atteggiamento di salire a Gerusalemme col Figlio Gesù adolescente.

Vi salivano ogni anno ma quell’anno lì, quello tra i 12 e i 13 anni, era particolare, si diventava bar Mitzvah– figlio del precetto. Si veniva consegnati ad una Parola, quella di Dio, che dava l’orientamento fondamentale a tutta la vita. I pellegrini salendo verso la Città santa cantavano i Salmi ascensionali (Sal 120-134), avvertivano la gioia della mèta sin nei piedi già all’inizio del cammino, quasi sentendosi già alle porte della Città santa (cf Sal 122). E questo Santo Viaggio è fatto insieme. Da soli ci si perde e la solitutine è sempre all’opposto dei sogni di Dio. Chi decide nel suo cuore il santo viaggio è beato, attesta la Scrittura e mentre lungo il cammino cresce il suo vigore, passando per la valle del pianto la cambia in una sorgente (cf Sal 84).

Cari fratelli e sorelle, salire in questo anno giubilare potrà significare per noi l’invito ad andare più in alto, ad adottare cioè il punto di vista di Dio nelle scelte, nelle prospettive, abbandonando visioni mediocri e borghesi, individualiste, soprattutto quelle in cui vorremmo arrivare sempre prima, lasciando gli altri indietro. Il salire di Maria e Giuseppe con Gesù dice l’invito a respirare qualcosa di diverso, di grande, di non raccattabile, di gratuito. Salire per respirare Dio, per innamorarci di nuovo o comincare ad amare il Dio di Gesù Cristo, tornare ad amarlo per davvero, conoscerlo, stare con Lui nell’Adorazione del suo Nome e portando la testimonianza di Gesù a valle, dentro la nostra ordinarietà, senza compromessi, con la schiena dritta, senza svenderci per un piatto di lenticchie; aver timore solo di non aver corrisposto appieno alle esigenze del Regno. Salire, allora.

  1. Maria e Giuseppe hanno smarrito Gesù e corrono per ritrovarlo

Dopo l’esperienza in alto, nel Tempio, si scende. Maria e Giuseppe si accorgono dopo un po’ che Gesù non è più con loro. Quanta tenerezza mi procura questa scena cari amici. A tutti noi, ma soprattutto a me e a noi cari confratelli, che spesso pensiamo di tenere Dio sequestrato nelle nostre cose, nei nostri schemi, nei nostri luoghi, nelle nostre fissazioni, fa bene ricordarci umilmente che persino Maria e Giuseppe un giorno smarrirono Gesù, lo persero di vista, lo credettero lì dove poteva stare e invece… Lo ritrovarono sì, ma per scopirlo nuovamente “perso” nel progetto del Padre.

Sì, cari fratelli e sorelle, essere famigliari di Dio vuol dire imparare (a proprie spese!) che Dio è spesso altrove e come degli innamorati ci si deve rimettere sulle sue tracce per ri-trovarlo. Il Cantico dei Cantici docet.
Si misero a cercare”… che bello crescere anche in età e rimanere umilmente interroganti (mai arroganti!), diventare più saggi ed essere sanamente inquieti. Il Vangelo è disseminato di domande. Diranno più tadi gli apostoli al Nazareno “Maestro dove abiti?” e Lui con quel “Venite e vedrete” (cf Gv 1,35-40) esporrà loro e noi a una diuturna ricerca che fa attraversare anche silenzi e lacrime, solitudini e amarezze per fare sempre nuovamente la meravigliosa scoperta di sentirci da Lui cercati e amati, anche dentro le nostre notti, massimamente col suo perdono. Maria e Giuseppe ritrovano non un figlio smarrito ma un figlio che deciso a stare altrove, tra i dottori della legge mentre pone domande… Gesù, come ogni figlio è stato un figlio difficile. Erano stati proprio i suoi ad insegnargli la centralità di Dio, il compito di vivere Dio non come una parentesi delle giornate ma come il motivo e il fondamento dei giorni e delle scelte, dalle più piccole alle più grandi. Erano stati loro a raccontargli di sogni di angeli, capaci addirittura di metterli in piedi nel cuore della notte, di fare diversamente dal comune sentire, intraprendendo come Abramo sentieri ardui e inediti, sperando contro ogni speranza. Gesù sapeva bene che erano stati proprio i suoi a impartire con la vita lezioni uniche, gratuite e originali come nessun’altro.

A noi Chiesa di Rieti, in comunione con la Chiesa universale, con la guida umile e forte di papa Francesco, ci è chiesto di farci piccoli per poter ri-trovare Gesù, piccoli come i bambini perché a chi è come loro appartiene il Regno. Tutto il Vangelo indica che la Porta del Regno ha la misura di un bambino. Solo così si entra e non altrimenti. Solo così viene la Gioia di Gesù. A noi Chiesa è chiesto di reimparare Gesù, di renderci famigliari con i suoi sogni di giustizia e di pace, di carità e di prossimità, abbandonando ogni altra immagine che non abbia il gusto del vangelo. Ci è chiesto di farci più poveri perché appaia Lui come unica ricchezza del nostro peregrinare. È Gesù colui che viene a scarcerare la vita, ad aprirla ed allargarla, a ridarci la capacità del dono e non del possesso, del rispetto e mai dell’oltraggio, a rimetterci in piedi e a renderci a nostra volta costruttori di Speranza. È Gesù l’Indulgenza del Padre che fa ripartire la vita per tutti i suoi figli, fosse anche Giuda o Caino. Non abbiamo altro da annunciare se non Lui!

  1. La discesa di Gesù a Nazareth con i suoi…

Le risposte di Gesù non tranquillizzarono Maria e Giuseppe, anzi! “essi non compresero”… Come sono vicini questi genitori del Vangelo a voi cari genitori, educatori! Quanto dovreste sentirli vicini Maria e Giuseppe nella benedetta e talvolta drammatica avventura della crescita e dell’educazione umana-spirituale e morale dei vostri figli. Anche se Gesù è stato ritrovato il significato della sua vita sfugge ancora, forse sarà chiaro solo all’indomani di quell’altro grande smarrimento e ritrovamento, la croce, la morte e la risurrezione.
E intanto “scese con loro a Nazareth”. È la discesa dell’Incarnazione. È lo stare colmo di amore nella vita concreta, con i suoi volti concreti e non con le proiezioni che ti sei fatto di essa e di loro. Scendere a Nazareth cari fratelli e sorelle è stare nella storia comune degli uomini e delle donne di oggi, rischiando l’insignificanza ma portando come luce e sale la logica incontrollabile delle Beatitudini del Vangelo come la regola di vita quotidiana persino quando l’ingiustizia e la povertà (materiale, spirituale e morale) sfigurano la vita di tanti.

Concludo. Questo Giubileo è una sfida miei cari. Ad aprire la porta Santa di San Pietro (la seconda è stata nel carcere di Rebibbia!) è stato un giovane vecchio Papa su una carrozzella… (debole come lo fu 25 anni fa Giovanni Paolo ll),forse per smentirci una falsa idea di grandezza e di potenza che la Chiesa per grazia di Dio non dovrebbe inseguire più. Non sono i grandi, i forti, i potenti ad aprire porte…

Il Giubileo sia per la nostra Chiesa diocesana e per ciascuno di noi un tempo di vero rinnovamento interiore, di autentico incontro con Gesù Cristo cercato e ritrovato come l’alfa e l’omega della vita, ma anche il Giubileo sia l’occasione per far ripartire la vita, i sogni, le relazioni e i progetti di tanti piccoli che ci vivono accanto, senza far chiasso, in punta di piedi, come fa chi ama.

Auguri! Buon pellegrinaggio e buon Giubileo a tutti noi!

+ Vito Piccinonna