Omelia in occasione della veglia di preghiera per la Giornata Missionaria Mondiale 2016

Venerdì della XXIX Settimana del Tempo Ordinario (Lc 6, 27-36)
21-10-2016

«Ma a voi che ascoltate dico». Non si comincia mai una frase con una avversativa, ma qui è il segno che si sta dicendo qualcosa di decisivo. Inizia così il cosiddetto “discorso della pianura”, nel quale Gesù dice l’essenziale del cristianesimo, la verità più sconvolgente, la proposta più destabilizzante. Quello che colpì una disincantata società come quella pagana del suo tempo e costituì un varco nella decadente civiltà romana. Si parla dell’amore ai nemici.

In realtà a ben guardare, non ci viene proposto un irraggiungibile ideale etico, ma l’autobiografia del Maestro. Chi non ama i nemici non ha lo spirito di Dio. Per questo la chiusa del brano è illuminante: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso». I martiri cristiani di ieri e di oggi muoiono senza imprecare né tantomeno minacciando vendetta. Dio non ha nemici, ha solo figli e non ha nessuno da buttare dalla torre. Non è un caso che la rupe tarpea, dalla quale venivano gettati i figli disabili, venne rifiutata in blocco dai cristiani. Qui l’elogio è a come Dio ama e questo soltanto bisogna adorare, cioè contemplare. L’amore che non è la semplice amicizia, né l’eros, ma appunto l’amore verso i nemici. Quello che Gesù Cristo ci ha svelato.

Il brano fa quattro affermazioni iniziali: «amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male». C’è uno sguardo da assicurare e poi c’è un’azione conseguente da realizzare. Tutto nasce dallo sguardo. Gli occhi rivelano quel che c’è in una persona. Al punto che dallo sguardo ricaviamo l’identità: l’occhio dell’insicuro non fissa mai l’interlocutore, l’occhio dell’arrogante e del presuntuoso pone una distanza tra sé e l’altro, l’occhio del vanitoso guarda soltanto se stesso, l’occhio dell’egoista vede solo i vantaggi che ne ricava, l’occhio del bugiardo guarda solo i punti deboli dell’altro, l’occhio del sensuale vede solo una cosa e non una persona. Tutto questo per dire che tutto nasce dallo sguardo che si commuove oppure prova indifferenza. Oggi questa è l’alternativa. Quando guardiamo come siamo?

Poi c’è il fare del bene anche quando l’altro non corrisponde. Non si tratta di assecondare l’istinto emotivo, ma di non lasciarsi sopraffare dal giudizio fino ad eliminare l’altro. Il maestro motiva questo a partire da tre domande incalzanti: «Se amate quelli che vi amano, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori amano quelli che li amano. E se fate del bene a coloro che fanno del bene a voi, quale gratitudine vi è dovuta? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, quale gratitudine vi è dovuta?».

Per questo si ha il coraggio di fare cose impensate. Queste: «A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro».

Per arrivare ad accettare questa sequenza di cose irrazionali, bisogna tener presente la massima che fa da cerniera a tutto: «E come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro». Soltanto mettendosi nei panni dell’altro si può sperare di allentare la vendetta che sboccia in noi vigorosa.

L’annuncio oggi passa attraverso questa testimonianza. La missione non è un’azione di marketing. Basta saper amare i nemici per attrarre a sé.

Abbiamo ricevuto una misura infinita e imprevista d’amore da condividere con i fratelli. Dio ha avuto verso di noi una misericordia infinita donandoci il suo Figlio Gesù e ci chiede di non trattenerla solo per noi, ma di farla circolare. Questa è la missione di oggi. Di sempre. Che stupisce il mondo e lo rinnova dal di dentro.

Come ci ha lasciato scritto P. Christina De Chergè, ucciso nel 1996: «Ecco potrò se a Dio piace immergere il mio sguardo in quello del Padre per contemplare con lui i suoi figli dell’Islam così come li vede lui tutti illuminati dalla gloria del Cristo, frutto della sua passione, investiti del dono dello Spirito, la cui gioia segreta sarà sempre di stabilire la comunione, giocando con le differenze»