Mercoledì delle Ceneri

(Gl 2, 12-18; Sal 50; 2 Cor 5,20-6,2; Mt 6,1-6.16-18)
26-02-2020

«Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai». Le parole che sentiremo risuonare sulle nostre teste acquistano un diverso significato… ai tempi del Coronavirus (!). Dunque, è vero che viviamo nella società del rischio (U. Beck) e che, per quanto ben organizzate e potenti, anche le società moderne sono in pericolo: in un baleno una città di venti milioni può trasformarsi in un deserto e  il Nord più frenetico d’Italia ritrovarsi isolato.

Ma oltre al pericolo che succede in queste ore convulse? Succede che stiamo provando nostalgia per quella dimensione sociale che abitualmente ci costa e ora all’improvviso sembra quasi l’aria che manca. Sì, ci voleva un virus per farci riscoprire per via del contagio che siamo “tutti connessi” gli uni agli altri giacché un fatto accaduto in Cina ce lo ritroviamo sotto casa. E così per quanto necessario sia isolarsi, immunizzarsi, separarsi, tutti ci si augura che  l’effetto virale finisca al più presto e si possa tornare a stare insieme, a toccarsi, a frequentarsi. Insomma mai come ora che dobbiamo stare ‘a debita distanza’ si scopre quanto forte sia il legame che unisce. Peraltro, stiamo osservando come le istituzioni, la sanità, le forze dell’ordine e il volontariato siano necessari per affrontare un nemico che da solo nessuno potrebbe vincere. In tal modo sta facendosi strada quella riserva di umanità, di solidarietà e di efficienza, di cui tener conto quando – speriamo al più presto – si uscirà dall’emergenza.

Quando nel giro di qualche mese l’epidemia svanirà come un male di stagione, allora l’economia si dice che avrà un tipico andamento a V. Ovvero, dopo aver toccato il picco negativo con altrettanta velocità si riprenderà anche grazie al desiderio della gente di ritrovare il tempo perduto e di investire in incontri, viaggi turismo, ristorazione, lusso e attività che incidono su altri settori. Quel che attendeno i cristiani in questa quaresima è invece una inversione ad U. Ovvero, dopo aver sperimentato il fondo del nostro peccato che è l’isolamento, l’ostilità e la lontananza da Dio, verrà voglia di risalire la china, provando a sperimentare non più l’isolamento, ma la solitudine che è quando si sta bene con se stessi; non più l’ostilità, ma l’ospitalità che è fare spazio e non occupare lo spazio; non più l’illusione di Dio, ma l’ascolto quotidiano della sua Parola. Allora a Pasqua – quando la quarantena, anzi la quaresima, sarà finita – verrà spontaneo riabbracciare la vita con nuovo slancio, incontrare gli altri con più convinzione, cercare Dio stesso con più entusiasmo. La Quaresima a differenza della quarantena, infatti, non è fatta per separare, ma per riunire.