Giovedì Santo: «non facciamo affidamento su noi stessi, ma su di lui soltanto»

(Es 12, 1-8.11-14; Sal 115; 1 Cor 11, 23-26; Gv 13, 1-15)
09-04-2020

Prima della festa di pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Nella ricerca intorno a Gesù è ancora controverso se l’Ultima Cena sia stata o meno una cena pasquale. Mentre i Sinottici, cioè i primi tre vangeli, ritengono che la cena sia proprio quella pasquale, nella notte del 15 di Nisan; il quarto vangelo sottolinea che il giorno della crocifissione di Gesù era già il 14 di Nisan, per cui Gesù è morto esattamente nel momento in cui nel tempio si macellavano gli agnelli pasquali. Il testo giovanneo non descrive l’Ultima cena di Gesù come una cena pasquale, ma proprio per questo Gesù è presentato come il vero agnello pasquale.

L’assenza di ritualità per concentrarsi sull’esistenza di Cristo che trova conferma nel gesto scandaloso, almeno per Pietro e Giovanni, della lavanda dei piedi, è in questo ‘tempo sospeso’, una provocazione e un’indicazione per il nostro diventare cristiani.

La provocazione è il fatto che Gesù non chiama ad una nuova religione, ma alla vita. Il cristiano non è un uomo religioso, ma un uomo semplicemente, come Gesù era uomo. Non è qualche atto religioso a rendere il cristiano quello che è, ma soltanto la partecipazione alla sofferenza di Dio nella vita del mondo. In questo momento del coronavirus stiamo imparando a valutare gli uomini più per quello che soffrono che per quello che fanno o non fanno. L’amore per Dio comincia con l’ascolto della sua Parola, e analogamente l’amore per l’altro comincia con l’imparare ad ascoltarlo. Stiamo diventando capaci di ascoltare il grido dei sofferenti, il gemito dei moribondi, l’implorazione dei nullatenenti?

La lavanda dei piedi è una indicazione, cioè “un esempio”. Non un semplice esempio morale per cui sia sufficiente l’ammirazione, ma un esempio performante che spinge nella medesima direzione. Il che vuol dire imitazione: “perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”. È dalla pratica di quest’azione che va verso il basso che è possibile ritrovare la strada della vita. Si usa dire che dopo la pandemia “nulla sarà come prima”, e ancora “cambierà tutto”. Se non sapremo lavarci i piedi, superando ritrosia e imbarazzo, temo che dopo la crisi ci sarà solo la solita delusione.

“Io credo che in ogni situazione critica Dio vuole darci tanta capacità di resistenza quanta ci è necessaria. Ma non ce la dà in principio, affinché non facciamo affidamento su noi stessi, ma su di lui soltanto” (D. Bonhoeffer, + 9 aprile 1945).