Nella passione secondo Matteo che stamattina è stata proclamata nelle chiese senza fedeli, abbiamo colto un particolare di non poco conto: Pilato si lava le mani e diventa nell’immaginario collettivo il simbolo dell’ignavo, cioè di chi non si decide, non prende posizione, non sposa nessuna causa. Tuttavia, nella versione dell’evangelista Giovanni – di cui ascolteremo la narrazione venerdì prossimo nella solenne azione liturgica – c’è un altro particolare di Pilato che non va sottovalutato. Ed è il dialogo che si stabilisce tra il procuratore romano e il giovane rabbi di Nazareth. Un colloquio di impareggiabile suggestione dove “vediamo” Gesù attraverso gli occhi di Pilato.
Pilato si introduce dinanzi al misterioso personaggio che gli è stato condotto a forza, chiedendogli: “Di dove sei tu?”. Non è una domanda curiosa la sua. In un crescendo: Pilato prima intuisce la presenza dell’ignoto davanti a lui; poi capisce che il suo comportamento come prefetto e la sua posizione di comando sono ricompresi in un disegno che li oltrepassa completamente; infine arriva alla consapevolezza che tra lui e Gesù si sia stretto un tacito e indicibile patto.
È un’interpretazione che sembra andare contro la tradizione condivisa che Pilato sia colui che non si decide, ma non possiamo escludere che in questo uomo del diritto romano abbiano convissuto il fascino per il profeta innocente e insieme la paura del potente di turno. Non a caso Tertulliano in un testo andato perduto avrebbe sostenuto che Pilato sarebbe stato pro sua conscientia Christianus. In ogni caso il suo nome doveva restare unito per sempre a quello di Gesù.
Chiediamo al Signore stasera nella domenica delle Palme che nei prossimi giorni, quelli della Passione, Morte e Resurrezione, subiamo il fascino della persona di Gesù e sempre di più leghiamo il nostro destino al suo.