I domenica di Avvento (ingresso parroci don Francesco e don Mariano)

(Is 63, 16b-17.19b; 64, 2-7; Sl 80; 1 Cor 1, 3-9; Mc 13,33-37)
28-11-2020

«Fate attenzione, vegliate». Intendiamoci: attendere non è tanto in vista del giorno di Natale, su cui in questo tempo di pandemia ci si accapiglia a proposito della messa di mezzanotte. Il Natale non si aspetta perché Gesù è già venuto. Il Natale non è l’oggetto dell’attesa, semmai ne è il fondamento. Che vuol dire allora vegliare? Significa stare svegli, con gli occhi aperti. Per contro, può accadere che pure in mezzo ad un attivismo ostinato si finisca per chiudere gli occhi sulla realtà. Come sonnambuli inesausti sul ciglio del precipizio.

«È come un uomo che è partito». Comincia così la parabola del Maestro che contiene per ben tre volte l’invito a vegliare. “Vegliare” è avvertire il vuoto di un’assenza. Ecco il punto. Gesù è venuto ad insegnarci come percepire il vuoto dell’esistenza, che noi cerchiamo di coprire riempiendolo di tutto (horror vacui). Dopo la morte di Maradona su un quotidiano francese il titolo era: “Dio è morto”.  Si fa presto a riempire il vuoto lasciato da Dio (!).  Mentre occorre sentirne tutto il peso per trasformarlo in una invocazione accorata. Come emerge dal testo di Isaia che fa del credente non uno che si lamenta di Dio, quanto uno che si lamenta con Dio. E avvertendone la mancanza, anche per via del caos che regna sovrano nel mondo, lo implora: «Perché, Signore, ci lasci vagare lontano dalle tue vie e lasci indurire il nostro cuore, così che non ti tema?». Per poi gridare a Lui: «Se tu squarciassi i cieli e scendessi! Davanti a te sussulterebbero i monti» ( = «si scioglierebbero i monti»). Vegliare è anzitutto invocare continuamente la sua presenza e cercare dappertutto il suo sguardo. Chi è il parroco? Chi tiene desto questo languore nel cuore della sua gente, annunciando la Parola e donando i sacramenti.

Ma c’è un altro modo di intendere la vigilanza perché questo senso di vuoto non può mai essere separato dall’operosità di chi sa che ha un compito da svolgere che non può essere abbandonato al caso. Penso a quelli che ‘vegliano’ in ogni ambito della vita. Penso all’infermiere che veglia in ospedale; penso alla mamma che sbircia dalla porta se il bambino dorme; penso al parroco che veglia sui suoi parrocchiani. ‘Vegliare’ e non ‘sorvegliare’ è lo stile di Dio che sembra assente, ma è sempre presente, secondo le parole appassionate del profeta: «Ma, Signore, tu sei nostro padre; noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Non è pensabile che Dio sia meno trepidante di un genitore o di un infermiere. Per questa fiducia possiamo vincere i nostri incubi sapendo che anche quando sembra assente, c’è sempre una porta semiaperta oltre la quale Dio veglia su ciascuno di noi. Credere a questo vuol dire entrare nel senso recondito del Natale.