Omelia in occasione dei venticinque anni di devozione clariana per suor Bernadette

Memoria di santa Chiara (Os 2,14-15; Sal 44; 2 Cor 4,6-10.16-18; Gv 15, 4-10)
11-08-2020

«Ecco la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore». Non senza un pizzico di audacia, il profeta descrive la relazione tra JHWH ed Israele  sulla falsariga di un rapporto amoroso, allo stesso livello di intimità. Santa Chiara, sulla scia di San Francesco, sperimenterà una “forma” di vita insieme, scrivendo per la prima volta una Regola di suo pugno. Sarà questa nuova forma di vita evangelica a preservare il carisma francescano dalle sue ricorrenti contraffazioni. In particolare, santa Chiara seppe tenere fermo il privilegio della povertà che consisteva nel lavorare con le proprie mani, senza essere di peso ad alcuno. In pieno Medio Evo si affermerà così, nonostante le perplessità del papa, una comunità di sole donne.

Ma il segreto della forza e della bellezza dell’amore ce lo svela più profondamente il passo di Giovanni, dove Gesù si definisce la vite vera in aperta polemica con le convinzioni ellenistiche del suo tempo segnate da un generico sincretismo religioso: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, questi porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla». La vigna che era Israele è ormai sostituita dall’unica vite che è Cristo e solo legati a lui si riesce a portare frutto. Così è stato per Chiara che ha vissuto questo legame sponsale con Cristo, cioè, un amore fedele e appassionato che l’ha condotta ad attraversare tutte le difficoltà della vita (malattia per lunghi anni, saraceni, morte di San Francesco). Questa relazione a due così stringente ed esigente è la novità del cristianesimo che non abolisce il valore dell’io, ma lo lega a doppio filo al tu di Dio che si fa conoscere in Gesù Cristo. Ne ricaviamo due conclusioni pratiche per la nostra vita. Il credente vive di una relazione intima e vitale con Gesù al pari di ogni rapporto importante. Non è più un generico sentimento religioso fatto di paura o di rispetto, ma è un dialogo stretto di due cuori che vivono all’unisono. Il credente, poi, è chiamato a sviluppare questo rapporto aperto e palpitante che è l’unica cosa che rimane al di là di quello che facciamo o che diventiamo.

Suor Bernardette ricorda i suoi 25 anni di vita consacrata. A lei si attagliano come augurio le parole di santa Chiara nello scrivere ad Agnese di Boemia nella sua IV lettera: «Contemplando le sue delizie, le sue ricchezze, i suoi onori, sospiriamo con tutto il desiderio del cuore e dell’amore. Attirami dietro di te, correremo al profumo dei tuoi unguenti, o sposo celeste. Correrò senza stancarmi, finché non mi introduci nei tuoi segreti, finché la tua sinistra cinga il mio capo e la tua destra mi abbracci felicemente, e la tua bocca mi baci con tuo felicissimo bacio! In questa tua mistica contemplazione, ricordati di me, tua madre poverella!».