Omelia in occasione della veglia di preghiera per la morte del vescovo Lorenzo Chiarinelli

(Sal 39; 1 Cor 15,12-34; Sl 41; Gv 17,24-26)
04-08-2020

«Sta scritto (…) nel libro dei Salmi: (…) il suo incarico lo prenda un altro. Bisogna dunque che (…) uno divenga testimone, insieme a noi, della sua resurrezione » (At 1,20-22). Così apprendiamo che nella scelta dell’apostolo che rimpiazza il traditore c’è un unico criterio: testimone della resurrezione. Il vescovo, dunque, prima che essere un manager, un organizzatore, un leader, un uomo del culto, un animatore della carità è uno che rende testimonianza alla resurrezione. E in effetti, il nostro Lorenzo è stato tale e ci sono almeno tre indizi che ce lo hanno accreditato così capace di centrare il cuore dell’evangelizzazione.

Anzitutto, vorrei far riferimento al suo entusiasmo che non lo ha abbandonato mai, neanche nella fase terminale, peraltro assai breve, che l’ha condotto alla morte. Un entusiasmo che nasceva da dentro e cioè dalla consapevolezza di avere qualcosa di importante e di vitale da comunicare e che non lo faceva indietreggiare di fronte a niente. È stato un entusiasta e per questo ha saputo coinvolgere tanti e tante perché il suo centro di gravità era orientato a Dio che sempre spinge in avanti.

Un’altra qualità di mons. Lorenzo non va sottaciuta ed è la sua curiosità intellettuale che lo portava ad essere in perenne ricerca, sempre dentro ai dibattiti, mai estraneo a quello che si agitava nella società come nella chiesa. La sua vis intellettuale ne ha fatto non tanto un uomo colto e raffinato, ma un interprete lucido ed appassionato del tempo moderno. E questo gli ha consentito di tenere il filo di un dialogo mai interrotto con le generazioni. È stato il professore di intere generazioni di reatini, ma una volta tornato a casa in pensione è tornato ad essere un riferimento per tanti perché non subiva il tempo ma cercava di orientarlo.

Infine, la terza prova della sua testimonianza alla resurrezione è stata la sua ironia discreta e garbata che non si lasciava mai andare al cinismo o alla rassegnazione. Non è passato senza aver aperto un rapporto tenace e creativo con le persone che non erano solo un’occasionale incontro, ma il sale delle sue giornate e della sua inesauribile vitalità. È stato sempre aperto a chiunque volesse ricominciare, ripartire, riprendere perché credeva fino all’ingenuità nella possibilità delle persone di non esaurirsi nei propri errori e di poter superare se stessi.

Lorenzo ha creduto nella resurrezione fino alla fine. Chiediamo a lui ora di accompagnare noi in questa sfida che è la sostanza della fede e che consiste nell’entusiasmo da ritrovare, nella curiosità da risvegliare, nell’ironia da coltivare.