Omelia in occasione dell’ottavario della morte di Lorenzo Folio (Seko)

Sabato della XV settima del Tempo Ordinario (Mi 2,1-5; Sal 10; Mt 12,14-21)
18-07-2020

«Guai a coloro che meditano l’iniquità e tramano il male sui loro giacigli; alla luce dell’alba lo compiono, perché in mano è il loro potere. Sono avidi di campi e li usurpano, di case e se le prendono». A tuonare così è Michea, contemporaneo di Isaia (VIII secolo A.C.), anche se differente per formazione e origine. Il profeta è scandalizzato dalle ingiustizie perpetrate dai ricchi e dai potenti, ne denuncia le colpe e li descrive intenti a meditare su piani scellerati, opprimendo il povero. La profezia si conclude con una minaccia neanche troppo velata: «In quel tempo si intonerà su di voi una canzone, si leverà un lamento e si dirà: Siamo del tutto rovinati; ad altri egli passa l’eredità del mio popolo, non si avvicinerà più a me, per restituirmi i campi che sta spartendo». Sembra la descrizione dei nostri tempi, dove la ricchezza è aumentata in termini vertiginosi, ma non è stata distribuita a tutti e l’esito è quello di ricorrenti crisi economiche che mettono a dura prova la pace sociale. Fortunatamente ci sono persone come Lorenzo, di cui oggi celebriamo l’ottavario della morte, che ha dato di sé una prova differente. Si è distinto, infatti, per un’opera volta a radicare e consolidare sul territorio la Seko, dando un’opportunità di lavoro a centinaia di famiglie. È stato un “imprenditore” e non un “prenditore” (!).

Nel testo evangelico Gesù viene descritto nella sua inconfondibile fisonomia umana e spirituale: «Non contesterà né griderà, né si udrà nelle piazze la sua voce, non spegnerà una fiamma smorta, finché non abbia fatto trionfare la giustizia». Le società che vogliono essere ‘giuste’ finiscono per esercitare violenza e così ottengono di creare una comunità di schiavi eterodiretti. Per contro chi non cerca la giustizia, ma soltanto la libertà di affermare se stesso, finisce per dividere la società, producendo un potenziale esplosivo di violenza e di povertà. Solo chi sa mediare tra le due cose riesce a dar vita ad una comunità in cui è possibile vivere insieme. In questo Lorenzo si è distinto per aver fatto della sua impresa un’occasione di sviluppo economico e sociale che ha consentito al nostro territorio di beneficiare di una industria moderna e al passo coi tempi. La sua missione non è conclusa e chiede ai suoi figli di continuare con lo stesso stile capace di mediare istanze differenti per “far quadrare il cerchio”. Come sostenuto da R. Dahrendorf già nel 1995: «Il compito che incombe sul primo mondo nel decennio prossimo venturo è quello di far quadrare il cerchio fra creazione di ricchezza, coesione sociale e libertà politica. La quadratura del cerchio è impossibile; ma ci si può forse avvicinare, e un progetto realistico di promozione del benessere sociale probabilmente non può avere obiettivi più ambiziosi».