“Non è Dio dei morti, ma dei viventi!”. Il Maestro, al termine dell’ennesima polemica con i notabili del suo tempo, prende posizione rispetto a chi – ieri come oggi – pensa che dopo la morte non c’è più niente, ma solo il nulla. I sadducei sono così scettici sul “dopo” che inscenano la storiella della donna andata in sposa a sette fratelli consecutivamente. Lo scopo è irridere alla convinzione diffusa soprattutto tra i ceti più popolari rappresentati dai farisei di una vita oltre la morte. Gesù senza addentrarsi nei loro cavilli speculativi dà una sorprendente interpretazione di un passo della Scrittura (Es 3,6): il Dio che ha stretto un’alleanza eterna con Abramo, con Isacco, con Giacobbe e con la loro discendenza non è forse garante di una salvezza eterna? Dio, insomma, non ci abbandona nel momento della morte perché sennò che Salvatore sarebbe.
È sorprendente il fatto che, perfino, il popolo eletto scommettesse così poco sull’al di là e che solo faticosamente si sia fatta strada la persuasione che se Dio c’è non può piantarci in asso. Anche oggi siamo dentro la stessa mentalità: non ci aspettiamo nulla oltre l’orizzonte storico. Per questo gli anni che passano sono una ferita lancinante al nostro desiderio di vivere, la morte poi una sconfitta inaccettabile. E, tuttavia, il cristianesimo è soprattutto credere alla vita che è eterna e comincia già oggi. Come si ricava dalle parole dell’Apostolo Paolo, a proposito di Gesù che viene descritto così: “Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l’incorruttibilità per mezzo del Vangelo”.
Se ne ricava che credere al Vangelo è coltivare la speranza di non morire, grazie alla quale tutto cambia di aspetto. Se, infatti, la vita è eterna nulla è sprecato, nessun affetto è inutile, nessun eroismo inutile. Antonio non ho avuto modo di conoscerlo di persona, salvo qualche fugace incontro insieme alla sua sposa. Ma se debbo stare ai suoi frutti, cioè ai figli e ai nipoti, penso non si vada lontano nell’affermare che è stato capace di seminare bene e a lungo. A partire dalla sua fede che, lungi dall’essere un retaggio del passato, è la condizione per non soccombere al presente e non rassegnarsi al passato. Come si ricava dalle parole di M. Luter King: “La risposta (alla tentazione di disperarsi) consiste nella nostra volenterosa accettazione di circostanze non volute e sfortunate, rimanendo ancora agganciati a una raggiante speranza, nella nostra accettazione di una delusione finita essendo noi attaccati a una speranza infinita… La nostra capacità di affrontare in maniera costruttiva i sogni infranti è in ultima analisi determinata dalla nostra fede in Dio (in La forza di amare).