Consiglio spirituale dopo il rosario: «La fede è una scelta personale, ma non solitaria»

Breve meditazione del vescovo dopo il rosario in diretta streaming dalla cappella della Madonna del Popolo nei giorni del Covid-19
29-04-2020

La fede è una scelta personale, ma non solitaria perché si ha bisogno di essere accompagnati.

Chi è l’accompagnatore o il padre spirituale ?  E’ uno che ti aiuta a sviluppare una relazione cosciente e affettiva con Dio. Non ha, dunque, una funzione psicologica e neanche la funzione di migliorare la tua vita morale. Il suo servizio è essenzialmente la relazione con Dio. In questo senso il padre spirituale non si mette “al posto di’”, ma “al servizio di”.

Cosa fa il padre spirituale? Esercita la compassione, cioè l’ascolto e ancor prima l’empatia, che è una “oggettività senza preconcetti”. È come un medico che non sente ripugnanza davanti alla sofferenza ne’ alla putrefazione. Niente si può mutare di ciò che non si accetta. Condannare non libera, ma opprime. Ciò non significa che non si debba mai giudicare.

Perché è fondamentale avere un padre spirituale?  E’ una risorsa di oggettività perché nessuno è buon medico di se stesso e si ha bisogno di un ‘tu’ che penetri dentro la nostra intimità. Si ha bisogno di un maieuta, cioè di uno che sa “tirare fuori” di noi il meglio. Per questo è un poeta. Stasera mi vien da pensare  al mio antico padre spirituale; uno senza del quale probabilmente non sarei qui. Si chiamava p. Rosin, anche se tutti affettuosamente lo chiamavano zi’ prete. Era un gesuita, un filosofo e pure un poeta, come si ricava dal suo testamento spirituale che descrive esattamente la sua precoce scomparsa (29 aprile 1991), così come l’aveva sempre desiderata.

Tu l’hai letto/o Signore/tra le pieghe del mio spirito/ il mio ultimo sogno:/morire in silenzio,/uscire dal mondo/ in punta di piedi!/. E’ un sussurro d’un cuore sereno/ che canta sommesso/tra i molti fragori/d’un mondo in subbuglio./È un profumo/di fiore nascosto/che accarezza/i gelidi venti/dei miei mesi invernali/. Vorrei uscire dal mondo/come una larva di servizio/ che da una sala di convito/quando tutti sono allegri/chiamata altrove/s’ecclissa,/frettolosa/inosservata/silenziosa…/. Vorrei uscire dal mondo/come una figura amica/che da una stanza d’ospedale/quando tutti sono assopiti/finito il suo turno/scompare,/senza saluti/senza sorrisi/in punta di piedi (Mario Rosin – marzo maggio 1972).