Omelia in occasione della solennità dell’Epifania del Signore

(Is 60,1-6; Sal 72; Ef 3,2-3a.5-6; Mt 2, 1-12)
06-01-2020

«Alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: dov’è colui che è nato, il re dei Giudei. Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». Il cammino da oriente a Gerusalemme descrive la parabola della storia che è sorta ad est e si è progressivamente spostata ad ovest. Oggi, peraltro c’è chi ritiene che la direzione stia modificandosi: da ovest verso est, giacché sarà sempre di più l’Asia, in primis la Cina, a rappresentare ‘il sol dell’avvenire’ (Federico Rampini, La seconda guerra fredda). Sia quel che sia, ciò che conta è ritrovare la direzione di marcia originaria da est ad ovest per convincersi che il cristianesimo non è sorto in Europa, ma nell’Asia minore nel punto in cui si incontrano i tre continenti asiatico, africano ed europeo. Non a caso, nella tradizione i Magi sono tre ‘re’, ciascuno con un colore diverso: bianco, nero e giallo, ad indicare i tre Continenti allora conosciuti.

L’Epifania è, dunque, la manifestazione di Gesù Cristo a tutti i popoli, il che è una cosa molto più originale della globalizzazione di oggi perché dice dell’unico Dio che è aperto a tutte le culture e civiltà. Non è bianco il Dio di Gesù Cristo. A dirla tutta, non è neanche nero o giallo. Il cristianesimo, è vero, si è diffuso all’inizio in Europa, ma mai si è identificato del tutto con la sua cultura. Basti pensare allo scandalo suscitato dal Vangelo presso i romani o presso i greci e più tardi presso le popolazioni barbariche. Tutte le volte si è prodotto uno shock culturale che ha richiesto dei tagli, come nel caso di S. Agostino. Esattamente come Abramo che fugge dalla sua casa e va in una terra sconosciuta. Anche per noi oggi la fede cristiana non la si trova sull’uscio di casa perché siamo nati in un Paese cristiano, ma richiede una nuova nascita che esige una rottura di mentalità, che comporta una sorta di estraniazione sociale, come i Magi che si sentono come pesci fuori d’acqua davanti a Erode e ai suoi legulei ispirati.

L’Epifania, dunque, ci fa persuasi che la fede cristiana non emerge mai dal nostro interno, ma è sempre un evento che ci viene incontro dall’esterno ed ha la stessa concretezza della stella che dall’alto guida i passi dei Magi. Non hanno avuto allucinazioni, ma si sono mossi decisamente nella direzione tratteggiata dalla luce. Ciò sta a dire che la fede non è una esperienza che nasce da noi, dal nostro intimo, dalla nostra psiche, ma soltanto da una “ri-velazione” che è fuori di noi e che sta a noi accogliere o rifiutare. Come hanno fatto i Magi che a differenza dei sapienti interrogati da Erode non si sono fermati a confermare la profezia, ma hanno sfidato la fatica e l’insidia della strada per arrivare a provare la gioia dinanzi al bambino avvolto in fasce che giace nella mangiatoia.