XX per annum 2022 (riapertura della chiesa di Stipes)

(Ger 38, 4-6.8-0; Sl 39; Eb 12, 1-4; Lc 12, 49-57)
14-08-2022

Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e come vorrei che fosse già acceso”. Di fronte a parole così perentorie non è lecito nascondersi dietro tentativi di addomesticamento. Gesù fa riferimento al ‘fuoco’ per dire che il giudizio ultimo di Dio purifica e consuma. Non è possibile pensare al Vangelo come fosse un tranquillante per la nostra vita complicata. Spesso la chiesa stessa è percepita come la semplice  conservazione dello ‘statu quo’. Mentre, in realtà, il Vangelo sovverte e modifica la realtà. La fede, infatti, sa offrire sempre un altro sguardo sulle cose e non è detto che sia necessariamente il più rassicurante. Del resto, il Maestro è consapevole del suo destino di passione e di morte. E non fa mistero di quello che lo attende. Dice: “Ho un battesimo nel quale sarò battezzato e come sono angosciato finché non sia compiuto”. Non è masochista; semplicemente è realista e sa con chiarezza che le sue parole e, ancor prima, le sue opere gli creeranno una reazione violenta e scomposta. E’ sempre così del profeta autentico che, come Geremia, mette a soqquadro le certezze del potere di turno e per questo viene scaraventato nel fondo fangoso di un pozzo. Anche per i cristiani autentici la sorte è segnata: saranno contestati e rifiutati e, comunque, neutralizzati se non si adegueranno a quello che è il pensiero dominante. Anzi, c’è da insospettirsi quando tiriamo avanti senza intoppi.

Di qui l’ultima affermazione netta del Maestro: “Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione”. Gesù non è venuto “a distruggere la guerra, ma ad aggiungervi la pace” (Leon Dufour). Non c’è modo di giungere alla pace per la via della sicurezza. Perché per la pace si deve arrischiare, è una grande temerarietà, e non si può stare mai al sicuro. Pace è il contrario di sicurezza.  In concreto significa: prendere su di sé la realtà e non guardarla a distanza di sicurezza. Troppe volte siamo tentati di arruolarci al numero degli opinionisti che discettano di tutto e su tutto, ma stando sempre attenti a non lasciarsi coinvolgere. Così un conto è parlare di giustizia sociale e un conto è pagare un prezzo per questa priorità. Per questo si richiede una conformità alla realtà che ce la faccia osservare senza sconti. Come scriveva, infatti, il teologo D. Bonhoeffer che incitava a prendere posizione contro il nazismo e le sue degenerazioni: “Io temo che i cristiani che stanno sulla terra con un solo piede, staranno con un solo piede anche in paradiso”. Non bastano dichiarazioni di principio, ma si richiede responsabilità concreta. Come assumere la colpa e fare qualcosa per superarla. Ho letto la notizia di profughi ricacciati in un’isola deserta, sparati e abbandonati senza cibo né acqua. Destinati a morte sicura. Siamo disponibili a guardare ancora da quella parte. O ci volgiamo dall’altra. Il cristiano, seguendo il Maestro è uno che finché resta inquieto può star tranquillo. La chiesa che riapriamo è un modo per riaprire lo sguardo su Dio e su quanto nell’umanità è perduto o rischia di essere perduto tra l’indifferenza di tutti.