XVIII domenica del tempo ordinario (cresime a Corvaro)

(Qo 1,2; 2,21-23; Sl 90; Col 3,1-5.9-11; Lc12,13-21)
31-07-2022

Maestro, dì a mio fratello, che divida con me l’eredità” A Gesù non piace essere “tirato per la giacchetta” e reagisce infastidito al goffo tentativo di volerlo coinvolgere in una bega familiare. Piuttosto prende la palla al volo per rilanciare su una questione di fondo che è la relazione che abbiamo con le cose, in particolare, il nostro rapporto con il denaro. Voi direte: ma noi siamo degli squattrinati! Solo oggi vediamo qualche regalo e poi più niente chissà per quanto. E invece il rischio di diventare Paperon de Paperoni è sempre dietro l’angolo. Fino alla serie della “Casa di carta”, prodotta da Netflix, dove una banda di malviventi brama di introdursi nella zecca nazionale spagnola, stampare 2,4 miliardi e dileguarsi nel nulla. Gesù replica con parole nette: “Fate attenzione e tenetevi lontano da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. In effetti, l’uomo ricco di cui parla la parabola di Gesù assomiglia molto a Paperon de Paperoni che ha due hobby: i bagni nella piscina di gettoni d’oro e la contemplazione estatica della “Numero uno”, prima moneta da lui mai guadagnata in vita In che consiste l’assurdo? Lo spiega bene Gesù affermando che la brama di possedere è tirannica e sciocca. Tirannica come il ricco che non pensa a spendere i suoi beni, ma solo a custodirli in un granaio più ampio. E’ sciocca perché alla fine non si gusta nulla, come certi mafiosi che conducono una vita grama e disperata.

Gesù però non è per principio contrario ai beni che come dice la parola ci fanno del bene, ci aiutano a vivere. Vuole però orientare il nostro rapporto verso altro. E per questo proprio alla fine opera una netta distinzione, dicendo: “Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio”. Dunque, c’è una bella differenza tra chi accumula solo per sé e per il gusto di accumulare e chi invece lo fa per gli altri, cioè per Dio. Questo è il punto. Non è la povertà un valore. Non lo è la ricchezza fine a sé stessa. Lo è invece la ricchezza condivisa e la povertà debellata. Qui dobbiamo orientarci con lo Spirito di Gesù che ci aiuta a sottrarci alla vera idolatria di sempre che è alla radice di ogni guerra, anche oggi. Si supera la sciocca tirannia del denaro soltanto se si ha uno sguardo che va oltre il nostro utile e si lascia catturare da un orizzonte più vasto. E’ quello che ci fa meno ansiosi, più centrati su quel che conta e cioè la qualità delle nostre relazioni e finalmente ci fa dividere cioè condividere quello che abbiamo e che siamo. Diversamente aveva ragione il saggio di cui parla la pagina del Primo Testamento: “Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità: tutto è vanità. Chi ha lavorato con sapienza, con scienza e con successo, dovrà poi lasciare la sua parte a un altro che non vi ha per nulla faticato. Ance questo è vanita e un grande male”. Davanti a voi ragazzi c’è un bivio: investire sulle cose fino al punto di non gustare nulla oppure usare di tutto con sapienza e generosità. Perché la vita non dipende dall’abbondanza ma dalla condivisione.