Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria

(Ap 11, 19a¸12,1-6a.10ab; 1 Cor 15,20-27a; Lc 1, 39-56)
15-08-2022

Ed ecco che, appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, le balzò in seno il bambino”. L’anziana cugina di Maria interpreta l’agitarsi della nuova vita che porta in grembo come un annuncio profetico della gioia messianica da parte di colui che doveva essere consacrato dallo Spirito. Nell’incontro tra le due donne si compie, infatti, l’incontro di Giovanni con Gesù. Entrambi vivono, reagiscono e comunicano nei limiti della loro condizione prenatale. La tenera danza del Battista conferma che il corpo non è un semplice involucro, ma è la vita nella sua complessa evoluzione. Oggi, per contro, si va affermando una tendenza in campo tecnologico e scientifico che tende ad annullare la dimensione biologica e l’idea stessa di natura umana, abbandonando la fragilità della condizione attuale per aprirsi a un futuro nel quale un uomo nuovo (meglio, un oltre-uomo) sarà capace di riprogrammare sé stesso, radicalmente, anche a livello cerebrale. E’ l’era del cyborg dove l’uomo appare ormai come “antiquato” (G. Anders). Dinanzi a tale nuovo contesto, la festa dell’Assunzione al cielo di Maria in corpo e anima, solleva due questioni ed offre una prospettiva alternativa.

La prima è che combattere le malattie e avanzare nella salute sono obiettivi condivisibili, ma da qui a programmare l’uomo perfettamente efficiente, capace di migliorarsi in modo esponenziale; insomma, immaginare una felicità resa possibile dalla tecnica, ce ne corre! Anzi, è una fatale illusione quella di sconfiggere la morte, alimentando un miraggio che nasconde forse interessi economici che porteranno, tra l’altro, a nuove divisioni di classi.

La seconda è che la felicità va cercata non “oltre” i limiti dell’umano, ma “dentro” gli stessi: l’uomo è “imperfetto” e mai giungerà alla perfezione di suo. D’altra parte, riprogrammare l’essere umano è impossibile proprio per la sua complessità che ne fa l’essere insieme più consapevole e più fragile. Aveva ragione Chesterton: “Ciò che rende la vita sempre romantica e piena di ardenti possibilità è l’esistenza di queste grandi ed evidenti limitazioni che costringono tutti noi ad affrontare cose che non amiamo o che non ci aspettiamo”.

In conclusione, si tratta di chiedersi se creare il paradiso in terra oppure attenderlo dal cielo. Quel che colpisce è che mentre è sparita l’attesa dal cielo permane l’illusione di costruire il cielo in terra. Con risultati che, al di là delle intenzioni, rischiano di portarci verso qualcosa di poco umano. Per questo preghiamo guardando a Colei, di cui scrive una poetessa contemporanea: “Quando il cielo baciò la terra nacque Maria. Che vuol dire la semplice, la buona, la colma di grazia. Maria è il respiro dell’anima, è l’ultimo soffio dell’uomo. Maria, discende in noi, è come l’acqua che si diffonde in tutte le membra e le anima, e da carne inerte che siamo noi diventiamo viva potenza (A. Merini, “Magnificat. Un incontro con Maria”, Frassinelli, 2002).