Omelia nel giorno della processione in onore di sant’Antonio di Padova

XIII domenica del Tempo ordinario (A) (2 Re 4,8-11; Sl 88; Rom 6, 3-4.8-11; Mt 10, 37-42)
02-07-2017

«Chi ama padre o madre più di me non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me non è degno di me». Messa così, la pretesa del Maestro appare irricevibile. In realtà, l’accento di Gesù non sta tanto nel perdere gli affetti più sacri, quanto piuttosto nell’accettare il rischio della libertà. Gesù ce lo fa comprendere attraverso due detti che si incrociano. Il primo è: «Chi accoglie un profeta perché è un profeta avrà la ricompensa del profeta». Qui, a differenza della donna sunnamita che ospita a casa Eliseo, non si tratta di accogliere il profeta, ma di accoglierne la parola. Non è facile perché il profeta, a differenza del venditore di sogni, è esigente. La sua è una parola che non tollera compromessi, esige scelte chiare e, qualche volta, perfino divisive. Sant’Antonio non fu sempre accolto dai suoi contemporanei perché parlava chiaro e non… sul sesso degli angeli, ma sulle questioni spinose del suo tempo. Credere comporta avere uno sguardo che non fa sconti sia che si tratti di difendere la vita innocente di Charlie sia che si tratti di farsi carico degli immigrati. Però conduce alla vera libertà. Mi auguro che la comunità inter-obbedienziale che da ottobre verrà a vivere a Rieti e prenderà in custodia questa chiesa, insieme alla Confraternita, faccia sì che la “vera devozione” non sia solo una memoria, ma anche una profezia scomoda.

L’altro detto è: «Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli (…) non perderà la sua ricompensa». Qui si fa riferimento all’accoglienza spicciola, il cui termine ricorre per ben 6 volte. Ciò che conta non è tanto la misura, ma la qualità dell’accoglienza che è disponibilità verso l’altro e non ricerca di rapporti protetti. Oggi si tende a barattare la libertà per la sicurezza, ma così finiamo per essere divisi e contrapposti. Occorre invece essere aperti all’altro, alle questioni nuove, ai problemi concreti senza rifugiarsi nel privato. Ciò è richiesto soprattutto per dare spazio ai giovani che sono penalizzati da una società che li giudica a distanza, senza coinvolgerli veramente. L’Incontro pastorale di Contigliano (8-10 settembre prossimi) aiuti la nostra Chiesa a dare l’esempio, riattivando un dialogo possibile, da cui dipende il nostro futuro.

La contrapposizione, alla fine, non è tra amore umano e amore di Dio e neanche quella tra la vita presente e quella futura. L’opposizione è tra puntare sulla propria sicurezza, compromettendo la libertà, oppure esporsi a qualche pericolo, provando a includere tutti, a cominciare dai più giovani. Sant’Antonio ci liberi dal falso amore di sé che conduce alla sterilità e ci proietti verso un amore responsabile che non teme di perdersi per ritrovarsi. La “vita spericolata” che ci è rimasta è quella del Vangelo che chiama le cose per nome e non si lascia intimidire dal male.