Omelia in occasione della Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo (cresime)

(Es 24,3-8; Sal 116; Eb 9, 11-15; Mc 14,12-16.22-26)
02-06-2018

«Mosè prese la metà del sangue e la mise in tanti catini e ne versò l’altra metà sull’altare». Nella concezione antica il sangue è la vita. Tant’è che anche nel linguaggio corrente usiamo l’uno al posto dell’altra: “farsi il sangue amaro”; “mi fa sangue” o “spargere sangue”. Il sangue sparso sul popolo e sull’altare aggiunge una convinzione decisiva: d’ora in poi tra l’uomo e Dio scorre lo stesso sangue. Non sangue blu o nero, ma sangue rosso vermiglio. Talora voi ragazzi apparite esitanti e incerti. Siete oggettivamente belli, ma vi sentite brutti. Volete essere protetti dai genitori, ma detestate di essere sotto tutela. Niente paura: è il segno che state cambiando nel corpo e nella psiche, ma non è tutto. C’è dell’altro. Oltre il corpo e la psiche c’è anche lo spirito che vi assicura che il sangue che scorre in voi è quello stesso di Dio. È Gesù che rende comprensibile questa certezza affettiva che vi rende sicuri e capaci di affrontare il futuro. Come?
«Questo è il mio sangue dell’alleanza che è versato per molti». Il Maestro nel momento drammatico che precede la sua passione, raduna i suoi e chiarisce con un gesto semplice quel che è il senso della sua vita. Da notare che questa cena predisposta alla sala superiore con una certa circospezione, è collocata da Marco tra due tradimenti: quello di Giuda e quello di Pietro. Ciò nonostante Gesù non indietreggia e va avanti per la sua strada. Questa decisione rende chiaro che Dio non viene al mondo per cambiare le cose, per vendicare i torti, per fare giustizia. Ma, anzitutto, per dire che Egli ama l’uomo e il mondo così come sono, pronto ad accettare il tradimento e la condanna, il ripudio e la morte. Perché l’amore di Dio, che è il suo sangue versato per le moltitudini, è la forza segreta dell’esistenza. Per questo credere e vivere l’Eucaristia ci fa capaci di andare controcorrente e modificare lentamente la condizione umana.
C’è un ultimo aspetto che mette in rilievo Marco, quando scrive: «In verità, io vi dico, che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorni in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». La fede non si esaurisce nelle certezze umane, ma sa attraversare anche i fallimenti e gli insuccessi perché preserva la speranza. Quando fa capolino la delusione, l’apatia, la ribellione, l’Eucaristia diventa il segno del futuro di Dio. Per questo è così importante abbeverarsi a questa sorgente di vita perché soltanto bevendo di Lui si è capaci di non soccombere. Il gruppo sanguigno svela la personalità e i talenti di ciascuno, tanto che Furukawa formulò la teoria dei gruppi sanguigni. Noi abbiamo il sangue stesso di Dio e per questo l’Eucaristia non è solo il segno della sua presenza ma anche di un altro modo di vivere.