Omelia in occasione dell’incontro del vescovo con i prebiteri

Lunedì della XXIV settimana del Tempo Ordinario (1Cor 11,17-26.33; Sal 40; Lc 7,1-10)
17-09-2018

«Fratelli, non posso lodarvi, perché vi riunite insieme non per il meglio, ma per il peggio». Paolo è costretto a contestare i cristiani di Corinto per il modo in cui si riuniscono che diventa una farsa perché invece di alimentare la comunione, finisce per aumentare la divisione. Per comprendere il rimbrotto dell’Apostolo occorre tener presente che nelle prime comunità la celebrazione eucaristica era inserita nel pasto comune. Ma accadeva che i più ricchi cominciassero presto non avendo da lavorare e i poveri di ritorno dai campi si ritrovassero da soli, nell’atrio della casa. Risultato: alcuni erano ubriachi e ingrassati, altri erano affamati e assetati. Ciò che fa sbottare Paolo è che la stessa Eucaristia finisce per riproporre le divisioni sociali tra poveri e ricchi che sono all’origine di ogni lacerazione. Per questo il brano si conclude dicendo: «Aspettatevi gli uni gli altri». Cioè cambiate atteggiamento e non trascurate gli altri, sapendo adeguarvi al loro ritmo.
Nel centro di questo rimprovero Paolo colloca la memoria della cena eucaristica che dimostra che ben altro è il gesto di Gesù che spezza il pane e rende grazie sulla coppa del vino non solo per dire il suo sacrificio cruento, ma anche per indicare che lui non prende, ma dona.
E veniamo al punto decisivo. Per mangiare la carne e bere il sangue occorre fare attenzione a come questo non provochi divisioni, pur rispettando le inevitabili differenze.
Essere degno della Eucaristia è impossibile perché tutti dobbiamo essere consapevoli di essere lontani da questa sincerità di atteggiamenti che riducono la liturgia ad un rito, invece di essere una espressione della vita secondo Cristo.
Nel Vangelo è un centurione Romano che incarna per quanto pagano il senso della indegnità. E arriva a dire al Maestro dopo averlo strattonato di non essere degno di ricevere nella sua casa il profeta di Nazareth. Sentire la nostra indegnità è la condizione per ricevere la Eucaristia. E si capisce che il test di prova fa riferimento alla nostra vita che facilita la unità o piuttosto la divisione.
Il tema si fa scottante quando si tratta di presbiteri e di diaconi insieme al vescovo. Giova a poco o nulla ripetere la ritualità della liturgia se manca questa tensione alla unità che senza rinnegare le differenze non giunge mai alle divisioni.
Siamo ben lontani dalla comunione che a parole invochiamo. Dobbiamo ciascuno impegnarci di più ad aspettarci gli uni gli altri. Vuol dire mettersi nei panni dell’altro e cercare di camminare insieme.
Questa è la vera indegnità della Chiesa che finisce per essere una controtestimonianza che annulla tutti i nostri sforzi perché quando camminiamo ognuno per proprio conto la strada si fa difficile.
Se vuoi andare veloce vai da solo. Se vuoi andare lontano vai insieme. Questa è la Chiesa. Lenta e a volte quasi ferma, ma insieme.
Preghiamo perché la sinodalità diventi il nostro esame di coscienza quotidiano. Perché è meglio fare meno cose insieme piuttosto che tante da soli.