Omelia in occasione della veglia di Pentecoste

«Essere umani o diventare dis-umani. Tutto dipende dallo Spirito Santo»
19-05-2018

«Tutta la terra aveva un’unica lingua e uniche parole». Così il testo della Genesi introduce il racconto della torre di Babele che dimostra una cosa: quando l’uomo fa da sé non genera unità, ma soltanto confusione. Non è solo la storia di ieri, ma anche quella di oggi: il nostro villaggio globale ci ha reso più vicini o più lontani? Ad esser sinceri, dobbiamo riconoscere che si fa strada un sospetto reciproco che porta ad evitare contatti diretti e a cercare rapporti protetti. Gli altri sono diventati”pericolos” e devono stare a distanza. Solo lo Spirito di Dio riesce a creare la concordia necessaria per far germogliare la comunione tra gli umani.

Ma chi è lo Spirito Santo? L’Apostolo Paolo lascia intendere come lo sperimentiamo in noi, con queste parole: «Fratelli, sappiamo che tutta la creazione geme e soffre le doglie del parto fino ad oggi. Non solo, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli». Il gemito è un lamento sommesso, soffocato, che si sprigiona, quasi a nostra insaputa. Quando ci capita di provarlo stiamo assecondando lo Spirito, cioè, vivendo le doglie di un parto che conduce verso una nuova vita. Come quando cerchiamo di avviare processi di crescita, mediante il nostro impegno educativo, anche se ciò comporta insuccessi e fallimenti. O come quando paghiamo un prezzo per salvaguardare l’unità, anche se il conflitto permanente sembra la strategia vincente. O ancora quando le persone in carne ed ossa ci prendono più delle nostre idee anche belle. O, infine, quando impariamo che la parte vale sempre meno del tutto, anche se il proprio “particulare” ci porterebbe a disinteressarci del bene comune. In tutte queste situazioni gemiamo certo, ma è un dolore che genera vita nuova.

Invochiamo, dunque, lo Spirito Santo perché scenda sulla nostra Chiesa. Perché non ci scoraggiamo per una pratica sempre più ridotta nel numero, ma ci preoccupiamo di offrire sempre nuove occasioni di educazione alla fede. Perché non siamo divisi su questioni caratteriali, ma uniti sull’essenziale. Perché non ci arrocchiamo a difendere questioni di principio, ma ci concentriamo sul bene delle persone. Perché non siamo ripiegati su noi stessi, ma aperti al bene di tutti. Così, senza accorgercene – come faremo nel nostro prossimo Incontro pastorale (7-9 settembre) – scopriremo «la dimensione sociale dell’evangelizzazione». Oggi, infatti, la scelta è tra essere umani o diventare dis-umani. Tutto dipende dallo Spirito Santo: se penetra nella persona o no, se questa le fa spazio o no, anche se non lo si può vedere né dimostrare esteriormente. Tuttavia, questo fatto apre ad una nuova dimensione della vita umana dalla quale, in ultima analisi, tutto dipende. Per questo diciamo: «O luce beatissima, invadi nell’intimo il cuore dei tuoi fedeli».

Siamo qui stasera riuniti come già gli Apostoli insieme a Maria al compiersi del giorno di Pentecoste. Gesù prima di separarsi dai suoi chiede loro di non fare nulla ognuno per proprio conto, ma di restare insieme e aspettare il dono dello Spirito Santo. I 12 sapevano che il loro essere insieme, la loro concordia, era il presupposto della Pentecoste. E sapevano che presupposto della concordia è, a sua volta, la preghiera, perché solo la preghiera, e non la più raffinata tecnica psicologica, può liberare in noi quel principio interiore per cui veniamo in contatto l’uno con l’altro e in cui troviamo indulgenza reciproca. La concordia è condizione del dono dello Spirito Santo e la preghiera è condizione della concordia. Di qui il nostro stare insieme in questa veglia di Pentecoste. Certo il Signore ha bisogno della nostra opera, ma noi abbiamo bisogno della sua presenza. Di fatto, noi non operiamo solo attraverso ciò che facciamo, ma anche attraverso ciò che siamo, se siamo maturi e liberi e ci realizziamo ponendo le radici del nostro essere nel fecondo silenzio di Dio.

In questo giorno del Signore, Pasqua della settimana, preghiamo umilmente Dio nostro Padre, perché benedica quest’acqua, con la quale saremo aspersi in ricordo del nostro Battesimo. Il Signore ci rinnovi interiormente, perché siamo sempre fedeli allo Spirito che ci è stato dato in dono.