Omelia in occasione della solennità di tutti i Santi

(Ap 7, 2-4.9-14; Sal 24; 1 Gv 3,1-3; Mt 5, 1-12a)
01-11-2018

«Vidi: ecco, una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua». Il numero dei Santi è incalcolabile e ha a che fare con tantissime persone che ci vivono accanto. Per riconoscerle basta comprenderne la strada: la strada delle beatitudini. Ma che vuol dire beato? Noi usiamo come equivalenti altri termini: allegro, contento, felice. Allegro quando qualcosa va bene; contento quando tutto va bene, felice quando tutto va benissimo. Beato è tutte e tre queste cose insieme: allegria, contentezza, felicità.

Matteo elenca otto beatitudini, ma non si tratta di cose diverse, bensì di un unico disegno: pennellate diverse che tratteggiano un’unica personalità, quella di Gesù Cristo, che non le ha solo pronunciate, ma incarnate nella sua vita. Vivere le beatitudini, in fondo, significa imitare Gesù Cristo, ispirarsi al suo stile di vita. Ma proprio questo potrebbe apparire impossibile, se non addirittura esagerato, adatto soltanto a persone speciali. In realtà, sono alla portata di tutti, tanto che si potrebbe parlare di santi “della porta accanto”, a partire da una persuasione: e, cioè, che Dio è venuto fra noi.

Se Dio c’è ed è in mezzo a noi, tutte le cose che ritenevamo assolute (benessere, denaro, successo) impallidiscono e tutte quelle che pensavamo insuperabili (povertà, angoscia, ingiustizia) sono gestibili. Nessuna condizione storica è vincolante e, tanto meno, le condizioni economiche e sociali decidono di noi. Perché con Dio una forza nuova è entrata nel mondo e si può vivere in modo nuovo.

C’è, in effetti, una tensione che percorre ciascuna delle beatitudini: tra il presente e il futuro. Il presente è segnato da condizioni negative: povertà, sofferenza, persecuzione; il futuro, invece, da situazioni positive: possesso del regno, consolazione, visione di Dio. Questa tensione prova che le beatitudini non promettono interventi miracolosi che capovolgono di colpo le difficoltà. Ma offrono una energia nuova per affrontarle: sopportazione, pazienza e mitezza, senso dell’umorismo, audacia e fervore, in comunità e non da soli, in preghiera.

Infine, c’è una costante delle beatitudini ed è la gioia. Non il piacere che seduce e abbandona, ma la gioia, cioè la sensazione che, al netto delle difficoltà, viaggiamo verso il meglio. La gioia del mondo è legata al possesso delle cose, alla visibilità che abbiamo, alla salute che possediamo. La gioia di Dio è legata alla capacità di restare svegli e fiduciosi, a non rassegnarsi, a imparare a discernere il meglio.

Beato diventa chi non guarda alla realtà con gli occhi spenti dell’astuzia, dell’inganno, della violenza, ma con quelli dei miti, dei giusti, dei pacificatori. «Oggi è già domani». Come a dire: quello che oggi viviamo va oltre l’attimo fuggente.