Omelia in occasione della memoria di sant’Antonio di Padova

(Sap 7, 7-14; Sal 39; Ef 4, 7.11-15; Mc 16, 15-20)
13-06-2018

«Ella è infatti un tesoro inesauribile per gli uomini; chi lo possiede ottiene l’amicizia con Dio, è a lui raccomandato dai frutti della sua educazione». Qual è il tesoro, cui allude il re Salomone? Non è il potere e neanche la ricchezza, ma la saggezza che sa trovare a problemi complessi soluzioni realistiche. La pace sociale oggi è a rischio: cresce la tensione, il linguaggio si è fatto violento, la lotta di tutti contro tutti sembra l’unica strada da percorrere. E così diminuisce la saggezza che è la capacità di sollevare lo sguardo rispetto ai problemi, cercando di cogliere in profondità la situazione. Non vi è dubbio che ci sia una povertà più diffusa: fabbriche che continuano a chiudere, giovani che fuggono via, servizi sociali che si fatica a tenere in piedi. Ma solo uno sguardo superficiale potrebbe pensare che sia colpa di qualcuno che viene da fuori e bussa alla nostra porta.
Il rischio oggi è quello a cui fa riferimento Paolo nella seconda pagina, quando dice che siamo «come fanciulli sballottati dalle onde e portati qua e là da qualsiasi vento di dottrina». Di fronte ai problemi come l’insicurezza, la diseguaglianza, la fragilità si invocano parole d’ordine che come una bacchetta magica risolvano tutto all’istante. Mentre la saggezza dice che i problemi hanno cause profonde che per essere rimosse chiedono il contributo di tutti. Non si può, ad esempio, pensare che torni il lavoro se non ci sono imprenditori coraggiosi e disposti al rischio; se non si trovano persone disposte a mettersi in gioco per inventarsi qualcosa di nuovo; se la politica non riprende a guidare i processi invece di essere sballottata qua e là dagli interessi di qualcuno.
Nel testo di Marco ci sono parole che lasciano interdetti. Il Maestro assicura che quelli che lo seguono «scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano i serpenti e se berranno qualche veleno non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Insomma, chi si lascia ispirare dal Vangelo saprà compiere segni impensabili: scacciare il razzismo, comunicare con tutti, padroneggiare le crisi, attraversare i problemi, star vicino a chi soffre. Così è stato sant’Antonio che venne da lontano, per via di un naufragio, approdò in Sicilia e divenne il più chiaro testimone del Vangelo. Preghiamo perché un po’ della sua saggezza passi a noi in questo giugno antoniano, perché il suo giglio che è simbolo di purezza e di bellezza contagi tutti noi a ritrovare la freschezza e la semplicità delle ragioni del cuore e dei sani principi.
«Si quaeris miracula». Non siamo così ingenui dall’attendere miracoli da altri. Ci si può aspettare miracoli solo da chi mostra di possedere la saggezza di vivere.