Omelia in occasione della festa di sant’Antonio

(Sap 7, 7-14; Sal 39; Ef 4, 7.11-15; Mc 16, 15-20)
13-06-2019

«Ciò che senza astuzia ho imparato, senza invidia lo comunico, non nascondo le sue ricchezze». Così abbiamo ascoltato nella pagina del Primo Testamento. Ora il contrario dell’astuzia è la sincerità, mentre il contrario dell’invidia è la generosità. Antonio fu un uomo sincero e generoso. Fu pure assai carismatico al punto che per muoversi in mezzo alle folle aveva sempre con sé dei guardia spalle. Eppure i suoi discorsi a rileggerli oggi sembrano noiosi e ripetitivi. Dove sta, dunque, il segreto della sua comunicazione così trascinante?

Ci sono almeno tre ragioni che spiegano il suo successo popolare.

La prima è che “la grazia” della sua vita (II lettura) per Antonio fu proprio la sua amicizia con Cristo. La qual cosa si trasformò in una ‘compagnia’ in grado di illuminare ogni aspetto della vita quotidiana. Credere non è una serie di cose da sapere né di pericoli da evitare, ma è avvertire questa ‘compagnia’ che rende la vita di ogni giorno un’avventura nuova. Per il Santo l’ascolto obbediente della Parola lo aiutò a vedere la realtà con occhi nuovi.

La seconda ragione è che Antonio fu un pellegrino, non un turista che attraversò l’Europa con un messaggio forte, sintetizzabile nelle enigmatiche parole del Maestro, nell’atto di accommiatarsi: «Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti, e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Gesù chiede ai suoi di intervenire sulla qualità della vita delle persone che sono divise, che non riescono a capirsi, che rischiano di essere avvelenate da un materialismo crasso, che sono abbandonate sulla soglia della malattia. Le sue parole descrivono un’umanità diversa che si china sui mali dell’umanità e che fa di quest’attenzione una questione decisiva.

Infine, la terza ragione è che Antonio fu capace di tenere insieme universalità e fedeltà. Si rivolse a tutti, «ad ogni creatura», «dappertutto», ma con il medesimo annuncio che è il Vangelo di Gesù Cristo. Ciò che unisce il mondo non è quello che è materiale che sempre divide e crea tensione, ma soltanto la dimensione spirituale che fa appello alle cose più nascoste e più profonde dell’umanità.

L’augurio è che in questo mese di giugno anche noi possiamo sperimentare «la  bellezza di un incontro … per camminare insieme».