Meditazione del vescovo Domenico in occasione della Veglia Missionaria 2015

Veglia Missionaria (Es 22, 20-26)
15-10-2015

«Dalla parte dei poveri» è lo slogan che accompagna la Giornata Missionaria Mondiale che ci apprestiamo a vivere insieme domenica prossima e che segna il culmine dell’intero ottobre missionario.

Ma che vuol dire in concreto «stare» da quella parte? Per evitare di essere soddisfatti di una frase che suscita mille altri interrogativi nel nostro mondo ricco, sia pure in preda alla crisi economica, ma in cui ancora ci si può accontentare di discutere in panciolle di certi problemi drammatici?

La parola del frammento tratto dal libro dell’Esodo ci aiuta ad uscire da un generico sentimento, da una emozione passeggera o da una reazione intermittente e ci lascia comprendere la posta in gioco.

L’esodo non è solo l’epopea di un popolo che si affranca dalla schiavitù grazie al suo Dio, ma è anche la storia degli effetti che questo fatto produce sulla vita quotidiana dei fuoriusciti dall’Egitto. A questo punta il Codice dell’Alleanza entro cui è collocato il brano appena proclamato. In esso viene a galla quello che è chiesto ai figli di Israele perché la libertà ricevuta da JHWH non si converta in una nuova forma di schiavitù.

E con estrema concretezza vengono snocciolati quattro casi concreti, due relativi ai forestieri e due invece relativi al prossimo.

Il primo e’: «Non molesterai il forestiero ne’ l’opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto». Qualche volta penso che se Papa Francesco non fosse salpato da bambino sulla nave degli immigrati che dal Piemonte lo conduceva in Argentina, non avremmo avuto la sua parola così netta sull’argomento. Lui non dimentica di essere stato forestiero, di aver vissuto la condizione di chi si ritrova spaesato e non capisce neanche la lingua per orientarsi. Anche Israele era stato forestiero, ma rischia di dimenticarlo. Quando questo accade, diventa semplice «molestare ed opprimere il forestiero». Molestare significa approfittarsi di chi vive una situazione di debolezza: senza un terreno su cui lavorare, senza i riferimenti familiari. Si diventa allora come oggi facile preda degli approfittatori. Ma guai a a cedere a questo piano inclinato. Sfruttare alla lunga si ritorce contro.

Poi è la volta delle vedove e degli orfani. Due categorie che oggi definiremmo disgraziate. La donna, in particolare, che viveva in una condizione di subalternità totale, quasi una “cosa” tra le altre, come induce a ritenere perfino il Decalogo, che affianca nella proibizione di non desiderare tra la roba del prossimo, oltre che la casa e il terreno, pure la donna! La donna da sola era quasi una maledizione, soggetta a mille ricatti e sostanzialmente indifesa, alla mercé dei maschi. Così come l’organo privo di qualsiasi sussidio e sospeso alla benevolenza dell’altro. Si comprende allora la dura parola dell’Esodo: «Se tu lo maltratti, quando invocherà da me l’aiuto, io darò ascolto al suo grido, la mia ira si accenderà e vi farò morire di spada: le vostre mogli saranno vedove e i vostri figli orfani». Certe volte quando accade che qualche uomo di una certa età scappa con la badante di turno vien da pensare che più che una maledizione dall’alto sia piuttosto una rivendicazione dal basso. Così come quando certi anziani coniugi finiscono per lasciare tutto in eredità a estranei invece che ai figli, divenuti de facto orfani a loro volta! Quando si produce violenza non sorprende che altra violenza sia appena dietro l’angolo.

Infine ci sono dopo le clausole di garanzia per le classi sociali più disperate, due situazioni a rischio che riguardano il prossimo.

La prima ha anche fare con il prestito che non deve mai diventare usura. La difficoltà economica ieri come oggi può portare ad indebitarsi e allora si può cadere nelle mani di strozzini che finiscono per stringere la cinghia dopo essersi accreditati come salvatori. Ecco perché puntualmente l’Esodo precisa: «Non dovete imporre alcun interesse». E qui si aprirebbe tutta una riflessione su questa crescita di usurai che vestono i panni delle persone perbene.

L’ultimo riferimento è a non trattenere il mantello come pegno quando fa buio se questo è l’unico con cui ripararsi dal freddo. Anche qui la parola e tagliente: «Se prendi in pegno il mantello del tuo prossimo, glielo renderai prima del tramonto del sole perché è la sua sola coperta, è il mantello per la sua pelle; come potrebbe coprirsi dormendo? Altrimenti, quando griderà verso di me, io l’ascolterò, perché io sono pietoso».

Dio è pietoso, misericordioso e «sta dalla parte dei deboli». Ecco perché a chi crede in Lui non può accadere di stare dall’altra parte. Questo sguardo dal basso capovolge il nostro modo di vedere la realtà ed introduce un nuovo modo di pensare e di agire. Ad una condizione che il teologo Dietrich Bonhoeffer lascia intendere con chiarezza: «Resta un’esperienza di incomparabile valore l’aver imparato a vedere dal basso i grandi avvenimenti della storia del mondo, nella prospettiva degli esclusi, dei sospettati, dei maltrattati, dei deboli, degli oppressi e derisi, in breve dei sofferenti. È già tanto se in questo tempo l’amarezza e l’invidia non hanno divorato il cuore, ma anzi guardiamo con occhi nuovi la grandezza e la meschinità, la felicità è l’infelicità, la forza e la debolezza, e la nostra capacità di vedere la grandezza, l’umanità, il diritto e la misericordia è diventata più chiara, più libera, più incorruttibile, e la sofferenza personale è una chiave più idonea, un principio più fecondo della felicità personale nell’accedere al mondo con la riflessione e la pratica. Tutto dipende solo dal non trasformare questa prospettiva dal basso in uno schierarsi con gli eterni scontenti, e invece nel far giustizia e nell’affermare la vita in tutta le sue dimensioni, sulla base di una contentezza maggiore, i cui fondamenti non sono né in alto né in basso, ma al di là di queste dimensioni”.