Festa di san Giuseppe lavoratore

(Gen 1, 26-2,3 ; Sl 90 ; Mt 13, 54-58)
01-05-2021

«Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona» (v. 31). Il racconto della creazione sprizza ottimismo da tutti i pori e si trasforma in un augurio: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (v. 28). C’è chi legge in queste parole dell’antico racconto della creazione la radice della crisi ecologica. C’è ben altro, ovviamente, perché “fecondità”, “moltiplicazione” “riempire” e perfino “soggiogare” indicano tutte azioni tendono a generare, implementare, accrescere e orientare la creazione. Grazie a quell’attività tipicamente umana che il lavoro. Per molti secoli il lavoro fu roba da schiavi. Come ancora agli inizi dell’Ottocento scriveva V. Alfieri (1749-1803): “Il nascere agiato mi fece libero e puro, né mi lasciò servire ad altro che al vero. Mille franchi di rendita sono maggiori di 10.000 provenienti da impiego”. Ecco il punto: qui più che lo sviluppo della creazione emerge la semplice rendita di posizione da amministrare. Ho l’impressione che sia questo il problema del mondo del lavoro: attestarsi sui posti perduti (più di 900mila per il Covid!) e, dunque, su quelli superstiti piuttosto che investire sul futuro e crearne altri. Il Sindacato che è forte quando il lavoro c’è ed è più debole quando manca, rischia di diventare ‘conservatore’ quando si fa ricattare solo da quello che c’è da conservare e non provocare da quello che dev’essere ricreato. Si richiede un atteggiamento più simile alla creatività che si sprigiona dal testo genesiaco che non insegue il “posto fisso” (insuperabile il film di Checco Zalone!), ma fa del lavoro un’azione che chiama in causa intelligenza (formazione), impegno (sacrificio), cooperazione (rete). 

«Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è forse il figlio del carpentiere?». Giuseppe è un carpentiere più che un falegname. Ciò spiegherebbe meglio, tra l’altro, il carattere da imprenditore di sé stesso che fu proprio di Giuseppe. A mezz’ora di cammino da Nazareth, sorgeva Seffori, una delle più grandi città della regione, che era stata distrutta dai Romani nel 4 a.C. per via di una ribellione. Il Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, aveva deciso di ricostruirla e farne la capitale del suo regno. La città, ribattezzata, Autokratis, doveva avere un piano urbanistico simile alle città greco-romane, con un teatro da 5000 posti. È possibile che in un cantiere di queste dimensioni che durò per parecchi anni Giuseppe potrebbe aver lavorato. Questo “cantiere” è per noi il tempo che ci attende, dopo il PNRR (Piano Nazionale di Resistenza e di Resilienza). Non basta avere risorse in abbondanza se non siamo capaci di finalizzarle ad uno sviluppo che sia integrale, equo e sostenibile. A questo proposito, Ridata, l’Osservatorio socio-economico messo in campo dalla chiesa di Rieti, ha ripreso le sue attività e si offre come compagno di viaggio di cittadini ed istituzioni. Da che mondo è mondo, infatti, senza il lavoro non c’è sviluppo e la creazione subisce una battuta d’arresto, contraddicendo il piano di Dio.