Discorso al Consiglio Comunale di Rieti

Rieti, Aula Consiliare del Comune
16-10-2015

Sono grato e sorpreso per questo invito, che ho accolto volentieri. Sono, peraltro, consapevole di essere qui come ospite e devo solo alla vostra cortesia questa possibilità di essere in questa aula consiliare, che ha un forte significato simbolico. Essa, infatti, è il luogo in cui i rappresentanti del popolo decidono per il bene di tutti. Mi lascio ispirare da Antonino Calcagnadoro che ha decorato questo spazio dove ci troviamo. Sono quattro i temi che descrivono la Città: la giustizia, le arti, l’agricoltura, l’industria. Senza entrare nella descrizione dei vari quadri, il percorso ideato dai due artisti reatini è sufficiente ad interpretare la realtà. Soprattutto per chi come me è appena arrivato a Rieti.

La giustizia rappresenta il fine ultimo della politica. Le arti, l’agricoltura e l’industria sono le tre coordinate dello sviluppo del territorio della valle reatina. Ha ancora senso dopo quasi un secolo questa chiave interpretativa? Ritengo di sì. E non solo perché l’arte spinge sempre in avanti, rappresenta una sorta di avanguardia, ma perché nel simbolo dei colori si può intuire molto più della piatta e arida elencazione dei fenomeni. Stando a quello che appare, ci sarebbe ben poco da guardare in avanti e sembra che tutto sia destinato ad un irreversibile declino. Proviamo allora a osservare con attenzione le forme, il movimento e la prospettiva di questa splendida aula consiliare, perché chi quì si raduna abbia sempre in mente un orizzonte più vivo e aperto al futuro.

La giustizia anzitutto. A che serve la politica? A che giova l’azione di quanti vi si dedicano? Serve ad accorciare la distanza tra l’ingiustizia e la giustizia, che è sempre un traguardo mai raggiunto. Se dovessi tentare di offrire una serie di controprove della mancata realizzazione della giustizia e della necessità della politica, basterebbe fare riferimento ad almeno tre indicatori.

Il primo e’ la presenza di una sacca crescente della popolazione che soffre sotto il rigore di uno sviluppo economico che ha tradito le attese e sta esasperando la serenità di tante famiglie.

Il secondo è la fragilità della condizione giovanile, che sogna sé stessa sempre altrove rispetto al luogo di nascita e sente di essere ai margini della società.

Il terzo e’ il clima di resa ai dati di fatto. Le notizie sulla prefettura e sui vari presidi ad essa collegati sono fonte di preoccupazione, ma rischiano di essere un falso problema. Se non ci si mette a lavorare tutti insieme per una ripresa neanche la permanenza di alcune istituzioni, certo storiche, sarebbe capace di reggere l’urto di questa inedita modernizzazione, che ha polverizzato antiche posizioni di rendita.

Come la politica può rendere più giusta la nostra condizione? Attraverso uomini giusti. Non è un caso che nel dipinto la giustizia sia sempre incarnata da volti umani. Non si fa la giustizia semplicemente seguendo le procedure, ma grazie a uomini e donne. Come ha detto don Ciotti ai ragazzi delle scuole superiori non più tardi di martedì scorso: «la stessa legalità è un mezzo e non il fine, che resta la giustizia». E questa, aggiungo io, non si dà senza politici giusti, che sappiano sottrarsi alle derive di un gioco che finisce per avvitarsi su se stesso, se perde di vista il bene comune. In concreto, chi fa politica oggi deve confrontarsi con il bene del territorio, prima che con la propria appartenenza politica. Temo che se a prevalere siano logiche di schieramento, la giustizia resta sempre sullo sfondo, inarrivabile.

Mi domando, ad esempio, che senso abbia inaugurare un tratto della strada che dovrebbe finalmente collegare Rieti ad Avezzano e, grazie alla quasi definitiva sistemazione della Ternana, collegare il centro nord al centro sud, se poi ci si blocca di fronte a Casette? Non spetta forse alla politica offrire una e non molte soluzioni e perseguirla in tempi non biblici? Perché esporre al rischio di fatali incidenti un tratto di strada che incide sul territorio urbano e lasciare che si perda ancora una volta questa opportunità di crescita? Non basta la Salaria ad aver colpito al cuore tante famiglie reatine con lutti endemici?

Ancora, a proposito delle acque che sono una risorsa del nostro territorio. Se è vero che al 31 dicembre di questo anno scade la proroga all’utilizzo delle Sorgenti, di cui alla Legge finanziaria del 2013, perché non concentrarsi su questa giusta rivendicazione, garantendo già adesso l’eventuale incasso da appetiti incontrollati?

Le arti sono uno spaccato di quello che Rieti e’ per vocazione. Uno spazio benedetto dalla natura e dalla storia, che l’ha arricchita di innumerevoli bellezze: dal Teatro alla Loggia del Vignola, dalla Cattedrale a San Domenico, Sant’Agostino, San Francesco. Per non parlare del quadrilatero francescano, che è la vera cifra spirituale e culturale che fa tutt’uno con l’ambiente. La prima arte da affinare è lo scrigno entro cui siamo collocati, perché sia accessibile e visitabile. Si pongono quì tutta una serie di questioni giuste, che vanno affrontate con realismo da parte di tutti i soggetti in campo con la moderazione della politica che a questo è deputata, purché sia capace di essere arbitra super partes e, dunque, lontana da qualsiasi interesse di altro genere.

Un altro aspetto delle arti è la scuola, che significa valorizzare i ragazzi nelle loro diverse stagioni, dalla materna fino all’università. Sottolineo l’università, che rappresenta certo una sfida per le nostre dimensioni, ma può diventare un raccordo in termini di presenza giovanile e di vivibilità del centro storico, in cui dovrebbe essere auspicabilmente allocata non solo la sede ufficiale, ma anche la sua struttura quotidiana. Anche quì ai politici è chiesto di fare la propria parte, interagendo con tutte le forze sociali ed economiche e non lasciando da soli quelli che fin qui garantiscono la tenuta di questo importante presidio culturale.

Un’altra arte a Rieti ben presente è lo sport. Non solo il Meeting di atletica leggera, ma anche la significativa presenza del basket e del calcio, dicono di un’attenzione che è già storia, ma che va approfondita, garantendo a tutti, anche ai meno abbienti, questa possibilità di sviluppo integrale della persona.

Infine, l’arte medica e’ una risorsa del nostro territorio. Mi riferisco al mondo della sanità, che non va vista come l’ultima industria rimasta per quantità di persone coinvolte, ma come una attenzione all’umano, specie per una popolazione che invecchiando avrà prevedibili rapporti con la gestione del bene primario della salute. Anche quì alla politica è chiesto di essere giusta. Non si tratta di un’arte di seconda mano. È’ in gioco qualcosa di essenziale.

Potremmo far riferimento alle mille iniziative culturali di questa città che sorprendono per qualità e per quantità. Alla politica si chiede di vigilare su questa energia che va canalizzata e orientata a fare un servizio che non risulti dispersivo e non sia legato a iniziative individuali, che rischiano di far perdere vigore e coesione alla proposta culturale in quanto tale.

L’Agricoltura è un’arte anch’essa, sebbene deprezzata nell’immaginario collettivo. Ma ultimamente riscoperta in nome di un diverso rapporto tra uomo e ambiente. Nella città che ha dato i natali a Nazareno Strampelli, genio e scienziato, di cui si è costretti a mettere in salvo l’omonimo istituto, si può ben sperare di tornare a farne un volano di sviluppo. Se le diverse sagre riescono a dare un’idea dei prodotti locali, anche quì alla politica si chiede, per essere giusta, di alimentare un sistema integrato in cui questa singolarità fa tutt’uno con il contesto di una città letteralmente immersa nel verde. Ma l’agricoltura, per non essere solo una brutta copia del passato, oggi deve essere capace di produrre reddito, di incentivare l’occupazione giovanile, di integrare anche fette di popolazione immigrata che si rende disponibile a questa attività.

Infine l’industria. A tutti voi è noto il sogno infranto dell’area industriale. Ciò nonostante permangono sacche di resistenza che vanno agevolate, incentivate, grazie ad una corresponsabilità che mentre facilita le difficoltà burocratiche ed amministrative, al tempo stesso attende risultati concreti per quanti sono fuori dal mercato del lavoro.

Non vorrei apparire presuntuoso. La mia presenza quì non era certo un modo per dettare l’agenda politica a Rieti, magari già sbirciando con un occhio la prossima scadenza elettorale. La mia intenzione era ed è solo quella di richiamare le istanze che già un secolo fa Calcagnadoro aveva intravisto per la sua patria. Il suo affetto e la sua genialità a servizio della nostra comunità ci aiutino ad affrontare il presente, che è obiettivamente complicato e a rischio. Ciò nonostante le pennellate del nostro artista ci spingono a percepire il futuro come una promessa e non come una minaccia. Giacché la storia è sospesa alla qualità dei suoi governanti. L’anelito alla giustizia, che immagino essere dentro ciascuno di voi, onorevoli rappresentati del popolo, sia di sostegno ogni giorno.

Senza, peraltro, dimenticare quanto un “giusto” dei nostri tempi, Dietrich Bonhoeffer, scriveva: «Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’affare, ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene. Solo da questa domanda storicamente responsabile possono nascere soluzioni feconde, anche se provvisoriamente molto mortificanti».

Grazie per l’attenzione e per l’invito che onora me e la Chiesa reatina.