Verso l’Incontro pastorale: la Chiesa guarda ai giovani

«Mi cercava qualcuno!?». Così esclama, con un’aria tra l’incredulo e l’arrabbiato, un giovane in camicia dalla copertina della brochure di annuncio dell’Incontro pastorale diocesano, in programma per i prossimi 8, 9 e 10 settembre.

L’approccio può sembrare originale, ma il tono di sfida ci sta, perché proprio i giovani saranno il tema dell’iniziativa che, come l’anno scorso, intende coinvolgere le diverse anime della Chiesa locale. L’evento assumerà infatti la prospettiva del Sinodo dei giovani che la Chiesa sta preparando per il 2018.

E i giovani, ha spiegato il vescovo Domenico durante la veglia, «attendono che qualcuno li schiodi dal divano, simbolo del disamore per uno stato di cose che non hanno prodotto loro e nel quale non si identificano».
Uno sforzo che, in un certo senso, può anche voler dire una qualche messa in discussione dello status quo, delle certezze finora faticosamente maturate. In questo senso, la brochure di lancio dell’evento diocesano si presenta come una proposta aperta, giocata sul filo di due domande:

La Chiesa conosce i giovani? E i giovani, conoscono la Chiesa?

Alla prima domanda si può senza’altro rispondere che sì, di giovani la nostra Chiesa se ne intende. Li sa chiamare per nome, quasi li conta durante le cresime e le comunioni: sacramenti che hanno dietro la frequenza del catechismo e dunque una qualche familiarità con la parrocchia. E poi la Chiesa incrocia i giovani anche altrove: nei campi estivi tirati su dalla buona volontà di sacerdoti e volontari, negli oratori, in movimenti ecclesiali come quelli dell’Azione Cattolica, del Cammino Neocatecumenale e degli Scout. Senza contare i grandi momenti delle Giornate mondiali della gioventù, e la bella e ricca invenzione del Meeting dei Giovani di gennaio.

Ma a ben vedere è anche vero che la Chiesa i giovani non li conosce. Dopo la cresima questi si allontanano dalla parrocchia e diviene difficile intercettarli. Sembra che le loro esperienze, le loro aspettative, la loro ricerca di senso accadano in uno spazio precluso alla dimensione cristiana.

Su cento giovani italiani – si apprende da una recente ricerca dell’Istituto Toniolo – la metà circa si dichiara genericamente “cattolico”. Di questi, solo un quarto frequenta la messa domenicale e sono in tanti a ridurre le questioni di fede a una serie di regole da seguire. Le esigenze spirituali, però, non mancano, anche se i giovani tendono a risolverle inventandosi «un Dio a modo mio», una fede che si fonda su una modesta conoscenza della Bibbia e di Gesù.

Accade, forse, anche perché la Chiesa è criticata come istituzione. Gli scandali sessuali e finanziari hanno minato la sua credibilità e molti giovani si interrogano sulla sua “utilità” o “necessità”, visto che spesso faticano a comprenderne il linguaggio.

Da qui parte la necessità di scrollarsi di dosso i luoghi comuni e le vecchie abitudini. Occorre favorire l’incontro, anche perché, a ben vedere, i due mondi non sono affatto lontani. «Sotto traccia – aggiungeva il vescovo – in ogni giovane c’è la richiesta di un contatto con un interlocutore»: il punto è che talvolta faticano a trovarlo.

Anche se forse i giovani chiedono agli adulti solo di incrociare con rispetto i loro percorsi (per quanto tortuosi o inediti), di ottenere criteri di scelta più che norme da seguire. Forse hanno bisogno di una testimonianza credibile per prendere sul serio l’incontro con Gesù.

Potrebbe essere questo il punto in cui si chiude il cerchio con i verbi camminare, costruire e confessare, scelti come linee guida dello scorso anno pastorale. Perché altro non sono che un invito a lasciar modellare la propria vita dal Vangelo.
La brochure di lancio dell’Incontro pastorale è stata pubblicata in due versioni. L’alternativa vede una ragazza domandare: «C’è posto anche per me?». La risposta è ovviamente affermativa, perché alla Chiesa interessano tutti i giovani: credenti e non credenti. L’Incontro pastorale di quest’anno chiama tutti, nessuno escluso, a ragionare su percorsi formativi innovativi e coraggiosi, coinvolgendo di più le nuove generazioni, anche utilizzando linguaggi e strumenti in grado di toccare le loro sensibilissime corde.