Un anno fa il Papa a Greccio: il segno resta, ed è più forte che mai

«È già passato un anno dalla firma della lettera sul presepe Admirabile signum, a Greccio. Papa Francesco ci regalò a sorpresa una domenica di sole e di serenità. Ed eravamo inconsapevolmente quasi dentro alla pandemia», ricorda il vescovo Domenico.

Un anno è già trascorso, da quel 1 dicembre in cui la Valle Santa reatina rimbalzò su tutti i giornali e le televisioni del mondo.

Come già accaduto nel 2016, Bergoglio sceglieva ancora una volta di visitare il borgo del primo presepe, ma stavolta non con una delle sue “soprese” private, ma attraverso una vera e propria visita ufficiale. Lo annunciò nell’udienza del mercoledì precedente, lasciando tutti di stucco.

Iniziarono i preparativi per l’accoglienza, si rincorsero le emozioni, i timori e i palpiti. L’elicottero con a bordo il Papa atterò puntuale a Greccio, in un primissimo pomeriggio inaspettatamente assolato, visti i non buonissimi presagi meteorologici del mattino. Prima di trasferirsi in auto al Santuario, il Santo Padre salutò malati e disabili, poi l’abbraccio del coro di bambini della scuola primaria e la preghiera nella grotta del Santuario seguita dalla firma della Lettera Apostolica sul significato e il valore del presepe.

Insieme al Santo Padre e al vescovo Domenico, le rappresentanze dei frati dei quattro santuari francescani reatini. «Eravamo lì ad osservarlo mentre firmava sull’altare l’Admirabile signum», racconta padre Renzo Cocchi del santuario di Poggio Bustone. «Ci avevano detto che non avrebbe parlato o forse ci avrebbe salutato in fretta, invece si è intrattenuto per circa venti minuti con noi, ricordandoci di vivere l’ideale di san Francesco per essere credibili. Ci ha persino chiesto scusa per essersi permesso di dirci queste parole! La semplicità e l’affabilità di papa Francesco sono disarmanti, porteremo sempre nel cuore quel giorno indimenticabile».

Padre Luigi Faraglia, della Fraternità Interobbedenziale di San Rufo, ha ringraziato il Signore durante l’omelia della Santa Messa di ieri per aver vissuto quel momento bellissimo di un anno fa insieme al Santo Padre: «Un’emozione grandissima, non è stata la prima volta che l’ho incontrato, ma ogni volta è un momento unico. A Greccio era felice, disteso, con un bel sorriso aperto: si vedeva che era davvero felice di poter incontrare san Francesco nel presepe».

«San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità», si legge nella Lettera apostolica Admirabile signum firmata da Bergoglio sull’altare della grotta che custodisce la memoria del primo presepe che san Francesco realizzò nel Natale 1223. Una scelta significativa: infatti, prosegue il testo papale, «il luogo stesso dove si realizzò il primo presepe esprime e suscita questi sentimenti. Greccio diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio».

Il Pontefice lascia sull’altare un suo dono al convento: un bel Bambinello ligneo. Si rivolge poi ai religiosi e religiose raccolti nella cappellina, ricordando loro che «il messaggio più grande di Francesco è la testimonianza», e conclude con un semplice «Grazie!», prima di recitare con loro il Padre nostro. Non manca qualche momento confidenziale, prima di uscire: «Se avete un minutino, pregate per me», chiede ai religiosi. E poi domanda scherzando: «E come si comporta il vescovo?». E poi qualche foto di gruppo, prima coi postulanti, poi con i frati.

La liturgia della Parola nel santuario alla presenza delle autorità civili del territorio, e dei rappresentanti della comunità ecclesiale, mentre dalla balconata superiore si affacciano altri preti, diaconi e suore.

Un segno, il presepio, che ispira il silenzio e la preghiera, dice Bergoglio: «Il silenzio, per contemplare la bellezza del volto di Gesù bambino, il Figlio di Dio nato nella povertà di una stalla. La preghiera, per esprimere il “grazie” stupito dinanzi a questo immenso dono d’amore che ci viene fatto». Un segno in cui «la pietà popolare ha accolto e trasmesso di generazione in generazione, viene manifestato il grande mistero della nostra fede: Dio ci ama a tal punto da condividere la nostra umanità e la nostra vita. Non ci lascia mai soli; ci accompagna con la sua presenza nascosta, ma non invisibile. In ogni circostanza, nella gioia come nel dolore, Egli è l’Emmanuele, Dio con noi».

Di qui l’esortazione a fare come i pastori di Betlemme, accogliendo «l’invito ad andare alla grotta, per vedere e riconoscere il segno che Dio ci ha dato. Allora il nostro cuore sarà pieno di gioia, e potremo portarla dove c’è tristezza; sarà colmo di speranza, da condividere con chi l’ha perduta».

Tra saluti, sorrisi, e qualche selfie, papa Francesco si avvia verso l’elicottero, che pochi minuti dopo le 17 si alza in volo per far rientro in Vaticano, tra la folla festante.

Immagini che appaiono infinitamente lontane dalla situazione che stiamo vivendo oggi. Distanziati, impossibilitati ad unirci, a raccoglierci insieme in momenti di gioia, o a sostenerci l’uni con gli altri in quelli di dolore. Eppure l’Admirabile signum resta, ed il suo messaggio è più forte che mai, come la luce dell’autenticità dei nostri presepi, quest’anno ancor meno da ostentare, ma piuttosto da far risuonare nel profondo del nostri cuori e nel tepore delle nostre case.

Perchè «il presepe – conclude il vescovo Domenico – nella sua essenzialità ci assicura che Dio continua ad abitare le situazioni più difficili e le trasforma dal di dentro».