Sant’Antonio ci aiuti ad essere operatori di pace

Si è soffermato sul senso della devozione, mons Ernesto Mandara, durante la Messa che ha presieduto nella Basilica di Sant’Agostino nel giorno di sant’Antonio. Il vescovo di Sabina e Poggio Mirteto si è dunque rivolto al cuore del Giugno Antoniano, al senso dell’attaccamento popolare alla figura del francescano di Padova. Innanzitutto provando a disinnescare il sospetto verso la devozione popolare, che a volte hanno anche i preti, attraverso il racconto della propria esperienza personale e familiare. «La devozione a Sant’Antonio è tra quelle cose che si imparano succhiando il latte, quindi ti rimangono poi per tutta la vita», ha detto parlando di una dimensione che non viene messa in discussione dagli studi di teologia perché attiene a un approccio diverso: quello evidenziato dagli ex-voto lasciati da chi «si affida a sant’Antonio nelle difficoltà a volte banali, a volte drammatiche dell’esistenza». Un approccio «che ci fa bene, che ci accompagna, che rafforza la nostra fiducia in Dio, che è la cosa più importante».

Soprattutto quando questo trasporto popolare riesce a fare del santo un modello da seguire nella fede e nell’impegno per la pace. Il tema, di grande attualità, è quello che la Pia Unione ha assegnato ai festeggiamenti antoniani di quest’anno e a partire da questo mons Mandara ha notato come l’intensa devozione diviene forza nella preghiera. È vero, ha spiegato, «i fenomeni li dobbiamo capire, li dobbiamo analizzare, dobbiamo comprenderli», ma in un credente c’è sempre la certezza che la preghiera è necessaria, che se c’è devozione verrà ascoltata dal Signore, anche quando umanamente sembra una cosa inutile, anche quando chiede una cosa difficile come la pace.

E poi la devozione fa ritrovare fratelli, riconduce a una realtà comune tra le persone. Il saluto francescano, “Pace e bene”, è l’annuncio di questo senso della fratellanza che coincide con il cuore del Vangelo. «San Francesco trattava tutti come fratelli, al di là di ogni differenza di rango, al di là di ogni differenza sociale, fino a includere, con il Cantico delle creature, in questa fratellanza tutti gli esseri». L’autentica preghiera per la pace non può che partire da questo: dal riconoscere in Dio il padre di tutte le creature, l’origine comune di ogni cosa.

Pace e fratellanza vanno insieme, ha notato il vescovo Mandara, che domandandosi cosa sant’Antonio aggiunga allo spirito francescano ha indicato il suo grande amore per la giustizia, che lo portava ad essere allo stesso tempo compassionevole verso i poveri e intransigente con i prepotenti. «Essere operatori di pace, significa che dobbiamo combattere il nostro individualismo, la superbia, l’invidia, la gelosia, l’aggressività». Così si vive con vera devozione: «Vi auguro di essere capaci sempre di costruire rapporti di fratellanza, auguro a tutti voi che siete così numerosi questa sera a venerare sant’Antonio, di essere dei veri operatori di pace».