Sanare le povertà con piccoli gesti per tenere viva la speranza di tutti

Si è conclusa nel pomeriggio di domenica 18 novembre, con la messa presieduta dal vescovo Domenico, la Settimana dei Poveri promossa dalla Caritas diocesana in collaborazione con gli uffici inseriti nell’area pastorale della Carità. Un impegno che ha visto la chiesa di San Domenico protagonista, oltre che di momenti di preghiera, di una mostra centrata sui diversi volti che la povertà assume nel nostro presente. Sono quelli di chi soffre per la situazione economica e la mancanza di lavoro, quelli dei migranti, e quelli toccati della crisi ecologica, dalle difficoltà di un pianeta sempre più inquinato e sempre meno custodito.

Un panorama desolante, nel quale le soluzioni, pure quando esistono, faticano ad affermarsi. Ma questo non vuol dire che bisogna disperare, perché anche quando sembra irrimediabilmente compromessa, sconfitta, perduta, «la vita ha la straordinaria capacità di riaccendersi misteriosamente, anche se in forme apparentemente marginali».

Lo ha spiegato mons Pompili invitando i credenti a difendere e dare forza ai segni di rinascita, ad «alimentarli per sostenere la speranza di tutti». In fondo è questo il senso dell’azione di chi nella Caritas, nella Pastorale della Salute o nella Pastorale dei Problemi Sociali, «si dedica con mani di carne a cercare di sanare e guarire le tante povertà». Non si tratta di «illusi che credono di poter capovolgere queste situazioni con una bacchetta magica», ma di persone che «vedono in singole azioni concrete la speranza che si riaccende».

E a dare loro la forza è la certezza offerta dal Vangelo: «il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno». Una fede decisiva perché non ci si stanchi e non si abbandoni il campo dopo aver iniziato, come quelli che «nascono rivoluzionari per poi diventare borghesi ripiegati in panciolle».

«Oggi sembra che non ci sia nulla di buono da aspettarsi», ha incalzato don Domenico: «Ci sono la crisi economica, il tracollo del mondo naturale, la violenza, le ingiustizie. Ma credere significa avere questa certezza: alla fine Dio metterà in ordine le cose e per questo la responsabilità di chi lavora, di chi si dà da fare, di chi non si omologa, di chi non lascia correre, non è mai inutile. Ciò che dà serenità ed energia è questa certezza del cuore che dobbiamo insieme ritrovare».