Riscoprire il senso dell’essere cattolici

La cura per l’intero come chiave per affrontare il mondo globalizzato: è il compito richiesto alla Chiesa cattolica per affrontare la stagione aperta dalla pandemia. Una vocazione che va rintracciata innanzitutto nella parola “cattolico”, che «etimologiamente si riferisce al tutto».

Di queste cose ha ragionato il vescovo Domenico al termine del rosario recitato dalla Cappella della Madonna del Popolo nella serata del 30 maggio. E non senza notare che «oggi il termine cattolico non gode di simpatia, perché suona come una parte rispetto al tutto». Piuttosto si preferisce parlare genericamente di “cristiani, «mentre è tempo di riscoprire il senso dell’essere cattolici, cioè votati ad aver cura dell’intero», e dunque «di tutte le potenze, di tutta la terra, di tutta la vita».

Tutte le potenze

Una prospettiva che chiama la Chiesa a contrastare il monopolio delle potenze e in particolare, oggi, «la potenza tecnica, che rischia di mettere in ombra non soltanto Dio, ma anche l’uomo, spesso ridotto a una variabile non necessaria. Non si tratta – ha precisato mons Pompili – di fermare il progresso, ma di orientarlo perché l’uomo resti sempre un fine è mai un mezzo. E per far questo, la Chiesa deve agire in modo eccentrico rispetto allo strapotere della tecnica e introdurre una pluralità di azioni che facciano perno sul protagonismo dei singoli. Ad esempio con l’espressione artistica, con la partecipazione sociale, con la spiritualità».

Tutta la terra

Il tutto evitando una visione antropocentrica: «la Chiesa deve occuparsi di tutta la terra ricollocando l’uomo non al centro, quasi fosse il despota è il padrone assoluto del creato, ma dentro al giardino per custodirlo e coltivarlo: la cura della casa comune è la strada per portare l’uomo moderno al di fuori di quella autoreferenzialità che lo contraddistingue e lo imprigiona».

Tutta la vita

«Da ultimo la Chiesa deve occuparsi di tutta la vita», ha concluso don Domenico: «di quella eterna e di quella terrena. Lo guardo cattolico cioè non tollera che ci si divida, come da troppo tempo nel nostro paese, tra quelli che tutelano l’embrione e quelli che vogliono accogliere i migranti. C’è un’unica questione che ha che fare appunto la cattolicità: tutto l’uomo e tutti gli uomini». Alla Chiesa cattolica compete dunque un ruolo decisivo: ricordare che «la vita umana non è un fatto accidentale, o un semplice dato biologico, ma è portatrice di una dignità infinita e ci provoca e ci impegna: questa è la via per creare una società più umana».