Ricostruiamoci

Il mese mariano per eccellenza è introdotto dalla festa in onore di san Giuseppe lavoratore.

San Giuseppe, ha commentato il vescovo Domenico nella sua riflessione dopo il rosario di ieri sera, «le poche volte che compare nei vangeli, non è mai da solo, bensì sempre al fianco di Maria».

«Non è un vecchio Giuseppe, anche se così lo raffigura la tradizione popolare ed iconografica. Se fosse stato vecchio sarebbe stato evidenziato come quando ci si sofferma specificamente sulla vecchiaia di Elisabetta e di suo marito Zaccaria, da cui nacque Giovanni il Battista, cugino di Gesù».

Quanto al lavoro di Giuseppe, «occorre anche qui fare una precisazione», ha proseguito monsignor Pompili. «L’immagine di Giuseppe falegname con accanto Gesù bambino che l’aiuta, tanto cara alla tradizione popolare, è di fonte apocrifa. Nei vangeli si usa piuttosto per Giuseppe la parola tekton che vuol dire carpentiere e mai falegname».

Da dove mai viene a costui questa sapienza e questi miracoli? Non è forse il figlio del carpentiere? (Mt 13,54-55) e poi Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria (Mc 6,3).

«Se – come pare ormai acclarato – Giuseppe fu un carpentiere si spiegherebbe il vivere itinerante di Gesù già da ragazzino. Nazareth, infatti, era un borgo di poche case dove difficilmente Giuseppe avrebbe potuto tirar fuori il reddito necessario al sostentamento della sua famiglia. A mezz’ora di cammino da Nazareth, sorgeva Seffori, una delle più grandi città della regione, che era stata distrutta dai Romani nel 4 a.C. a causa di una ribellione. Il Tetrarca della Galilea, Erode Antipa, aveva deciso di ricostruirla e farne la capitale del suo regno. La città, ribattezzata, Autokratis, doveva avere un piano urbanistico simile alle città greco-romane, con un teatro da 5000 posti. È possibile che in un cantiere di queste dimensioni che durò per parecchi anni Giuseppe potrebbe aver lavorato».

«Mi vien da pensare alla ricostruzione di una città antica, per trovare uno sbocco alla crisi economica e sociale che sta davanti a noi, peraltro dopo il tragico terremoto», ha concluso il vescovo.

«La ricostruzione di questo territorio, se mai si avviasse, potrebbe rivelarsi un cantiere di enormi proporzioni e per alcuni anni offrire soprattutto alle giovani generazioni uno spunto concreto di lavoro. Giuseppe giovane e intraprendente aiuti questa terra ad essere altrettanto dinamica e capace di fare impresa».