«Mescolatevi agli altri con curiosità»: l’invito di Gabriella Ghidoni ai giovani riuniti a Leonessa

Due personalità forti arrivano a Leonessa per l’ultimo giorno dell’appuntamento diocesano dedicato ai ragazzi. Dopo la Santa Messa presieduta dal vescovo Domenico, nella mattinata finale del Meeting dei Giovani c’è spazio per un ultimo, costruttivo dibattito. padre Alex Zanotelli, missionario comboniano, e Gabriella Ghidoni, impegnata nell’imprenditoria sociale.

Milanese di nascita, «nella Milano da bere, quando tutto era bello e dorato, e tutti ti dicevamo di comprare, di godertela» psicologa del lavoro, Gabriella racconta ai ragazzi la sua vita, e la sua fame di sapere, di scoprire. «Sono una curiosa, a cui piace conoscere, a me non piace farmi solo i fatti miei, mi faccio i fatti di tutti, perché quello che accade intono a me mi interessa!»

Gli studi di psicologia, e poi la partenza per la Sierra Leone per occuparsi di cooperazione allo sviluppo, «dove ho condiviso tutto con la comunità, malaria inclusa: bisogna mescolarsi col l’altro, e se questo comporta anche prendersi la malaria, va bene anche quello: mi ha resa più forte».

Successivamente, la partenza per l’Afghanistan, «dove neppure volevo andare, la trovavo troppo lontana da me come cultura», e che invece le cambia la vita, e il lavoro. «Lavoravo come psicologa ma ero in ufficio, erano tutti ingessati abbottonati, era un lavoro che mi piaceva ma mi annoiava, non mi consentiva di stare a contatto con le persone, con la comunità».

Gabriella si prende un anno sabbatico, e come piace a lei, si guarda intorno «si mescola agli altri». «Ho osservato le persone, e ho scoperto che le donne erano in gradi di fare ricami bellissimi, una scoperta davvero meravigliosa. Così con pochi dollari a disposizione ho deciso di mettermi a lavorare con loro, con pochi dollari, producendo e vendendo gli abiti che creavano. Ho unito due esigenze: io mi divertivo a creare, le persone avevano un lavoro».

Piano piano il team di lavoro raggiunge le venti persone, e mentre le donne ricamano, gli uomini mettono si occupano dell’alta sartoria. La cooperativa prende copro, e inizia vendere anche nelle boutique italiane, a proporsi nelle grandi fiere: «Un modello che mi piaceva davvero, ridava dignità alle persone, in particolare dava un ruolo alle donne in famiglia, e quando le donne e dunque la madri acquistano un ruolo danno un’informazione e una vita migliore ai propri figli, e la comunità ruota in maniera diversa».

Dopo sette anni in Afghanistan, Gabriella torna in italia, ma ripete l’esperimento con la creazione della onlus Arte-fatto: «Andiamo nei Paesi emergenti, studiamo il loro lavoro, le loro caratteristiche, le loro peculiarità e potenzialità. Oggi creiamo collezioni moderne ma che conservino le tradizioni locali: è una scoperta continua».

«Oggi posso dire di aver scoperto il valore delle cose, a che grazie al commercio equo e solidale. Combatto l’ignoranza, la chiusura in se stessi. Ci vogliono muti, chiusi in noi stessi e ignoranti, ma io non ci sto, e continuo a voler mettermi in gioco, a scoprire, a non rimanere chiusa mai nel mio piccolo recinto. Il mio modello di riferimento è la famiglia umana, senza distinzioni di razze o ceti».

Ai ragazzi, Gabriella si sente di dire che «si può fare la differenza, tutti abbiamo la possibilità di farlo,  voi per primi».