Le domande aperte di questi giorni sono un invito a ripensare noi stessi

È a partire dall’episodio evangelico del cieco dalla nascita guarito da Gesù che mons Pompili ha offerto alcune indicazioni per leggere con maggiore in profondità i giorni del coronavirus. Durante la Messa a porte chiuse che ha presieduto in Cattedrale, il vescovo ha preso spunto dalle letture della quarta domenica di Quaresima, notando che a differenza dei suoi discepoli, «che passano e camminano», il Maestro vede e si avvicina al cieco. E se lo guarisce, è perché la vicinanza di Gesù cambia le cose, «quando il Maestro passa non lascia mai quel che trova». Ad esempio divide: tra chi si apre e chi si chiude in se stesso.

Accade perché non tutto si può spiegare e tante domande rimangono senza risposta, come quelle che ritornano nei giorni di questa difficile epidemia: «Per quanto tempo ancora? Perché è successo? Che cosa fare?». In fondo «è la vita stessa che interroga», e «in questa forma così inaspettata e severa ci sta dicendo qualcosa e invitando a ripensarci: forse, non era tutto oro ciò che luccicava».

Occorre, dunque, tarare di nuovo lo sguardo, per non fare come i religiosi che interrogano il cieco, una volta guarito, cercando di manipolarlo. Sono indispettiti da Gesù perché la guarigione è avvenuta di sabato e dunque contravviene al riposo assoluto. «Di qui emerge la cecità assoluta di chi mette al primo posto un’idea rispetto alla realtà, un principio rispetto all’uomo», ha spiegato il vescovo: «Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato!», per usare le parole del Maestro. Il punto è che l’emergenza «ci ha aperto gli occhi su di una verità: la vita viene prima di qualsiasi altra considerazione. Bisognerà non dimenticarsene più per gli anni avvenire e mettere sempre al prima posto la vita, la salute, il bene comune, rispetto a qualsiasi altro obiettivo».

Potrebbe non essere un impegno facile, perché il «prezzo della sincerità è la solitudine»: il cieco viene estromesso dalla sinagoga. «Eppure è proprio a quest’uomo che Gesù va incontro. La vista riacquistata è, infatti, solo il mezzo con cui Gesù vuole donare un’altra luce: la certezza della fede, nella situazione che la vita ci chiama ad affrontare. In queste ore di incertezza – ha concluso il vescovo – facciamo emergere in noi questa luce che è piccola, ma è decisiva».