Sera di pace ad Illica: la voglia di vivere e di lavorare trasforma il roveto in un prato fiorito

Illica, frazione di Accumoli, era vissuta durante l’anno da pochissimi abitanti, qualche famiglia e poco più. Ma durante l’estate, soprattutto ad agosto, quando i vacanzieri tornavano a popolarla, sapeva dar vita a manifestazioni vivaci e folcloristiche, piccole ma animate da grande entusiasmo e gioia di stare insieme.

Fu proprio nel pieno di quel periodo di ripopolamento estivo che arrivò con la sua furia distruttrice il devastante terremoto del 24 agosto 2016, radendo la piccola frazione totalmente al suolo.

Nella sera del terzo anniversario del sisma, la piccola comunità ha voluto riunirsi all’aperto «in una serata di pace» per ricordare quelle tragica notte e le cinque vittime morte sotto le macerie di Illica: Giovanni Canestraro, Ana Huete Aguilar, Vinicio Valentini, Dina Bordo e Assunta Valeri.

Allestito come originale altare, al centro della spianata, un piccolo allestimento scenografico che conduce al crocifisso. Una stradina in salita, tortuosa, minaccianda da spine e rovi, a simboleggiare le difficoltà che ogni giorno le persone affrontano in questi luoghi.

«Eppure – ha detto il parroco don Stanislao Puzio – è proprio in questo percorso ad ostacoli al centro di questo deserto che dobbiamo trovare i semi di pace. L’anno scorso parlammo di paura, quest’anno invece vogliamo andare oltre, e parlare di pace, amore, grazia e voglia di andare avanti, perchè nel turbamento dell’incertezza del futuro saranno solo questi sentimenti a salvarci, con l’aiuto del Signore».

Dopo la preghiera e il silenzioso raccoglimento, quella via lastricata di rovi posizionata tra i banchi all’aperto cambia radicalmente aspetto. «Se qualcuno dopo questa serata dirà che qui a Illica faceva freddo – dice don Stanislao -, le api laboriose non saranno certo d’accordo, diranno anzi che faceva caldo perchè erano solo in cinque, e dovevano fare più del dovuto».

E nella notte di Illica si fanno largo i colori sgargianti dei costumi di cinque bambine travestite da api, con le loro alette luccicanti, le antennine e le righe gialle e nere. Vivaci, operose e attive proprio come cinque giovani apette alle quali è affidato il gravoso compito di rimettere in piedi un intero alveare, le bambine hanno trasformato quella tortuosa via piena di spine in una sgargiante via fiorita.

Ciascuna con il proprio vaso variopinto in mano, in pochi minuti le apette hanno saputo capovolgere l’aspetto della via in salita: pur sempre in salita, ma ora cosparsa di colorata dolcezza, di musica e di miele.

A conclusione, il vescovo Domenico ha portato il proprio pensiero alle persone raccolte in preghiera, ricordando l’esempio di san Benedetto, «nato a soli pochi chilometri da qui, in un’epoca storica non meno difficile della nostra, devastata a suo tempo sia dal terremoto, ma anche dalle invasioni dei barbari e da tante altre calamità. Un uomo che, nonostante tutto questo, da qui ha fatto partire la ricostruzione dell’Europa».

Ora et labora, diceva san Benedetto. «Ma aggiungeva ancora qualcosa», ha detto monsignor Pompili. «San Benedetto diceva infatti prega, lavora e non lasciarti contristare: il senso di questo percorso fiorito è proprio questo, di non lasciarci mai contristare, perchè se questo accade anche la nostra capacità di resistenza e di creatività viene meno».