La gioia di un combattente tenero: don Pietro nuovo sacerdote della Chiesa reatina

«Caro Pietro»: così il vescovo Domenico ha chiamato il sacerdote che ha ordinato nel pomeriggio di sabato 24 aprile. Il primo a Rieti del suo episcopato, ma anche il primo da molti anni a questa parte.

L’imposizione delle mani sul capo di Pietro Zych, monaco benedettino della Fraternità della Trasfigurazione del Terminillo, ha dunque un sapore particolare: quello dell’acqua che riprende a scorrere dopo un periodo di siccità. E forse è questo il segno da cogliere negli occhi umidi di commozione di padre Mariano Pappalardo, nel rompersi della sua voce nel presentare Pietro al vescovo, ai confratelli, all’assemblea. È la stessa gioia provata dalla famiglia del novello sacerdote, giunta dalla Polonia, e degli amici. È la felicità vissuta dallo stesso Pietro, steso sul nudo pavimento davanti all’altare.

A Pietro il vescovo ha rinnovato le consegne di poco più di un anno fa, in occasione dell’ordinazione diaconale: quelle di essere un uomo dell’ascolto. Ma da prete dovrà coniugare questo impegno con un «voto di vastità», rivolgendo la propria attenzione a tutti: «ai bambini, agli adolescenti, ai giovani, agli adulti, agli anziani; alle coppie e ai singles; ai lavoratori e ai disoccupati».

Un compito esigente, per far fronte al quale don Domenico ha aggiunto un’indicazione di stile: quella che papa Francesco chiama la «combattiva tenerezza». Un atteggiamento che salva dal divenire frustrati e dunque aggressivi, o all’opposto irrisolti e dunque incapace di incidere.

Il «combattente tenero» evocato dal vescovo è uno che non si tira indietro difronte «alla catastrofe educativa, alla crisi familiare, all’emergenza sanitaria», ma sa avvicinarsi ad ogni situazione con la forza dell’abito che indossa: il tuo ministero presbiterale come plastica e comprensibile incarnazione dell’essere «discepolo di un pastore santo che ha occhi grandi, il suo sguardo raggiunge tutti».

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