La fede che salva non è un sentimento vago, né cieca sottomissione

Lunedì della XVIII per annum. (Rom 1, 1-7; Lc 11, 29-32)



La lettera ai Romani è un caposaldo della riflessione paolina e la sua storia degli effetti ne conferma la centralità nella stessa esperienza cristiana. Lutero e Calvino partiranno da essa; e ancora di recente K. Barth ne farà l’oggetto del suo ripensamento teologico. Qui siamo introdotti all’autopresentazione dell’apostolo che si descrive semplicemente come “servo di Cristo Gesù”. In realtà, sta già inoltrandosi nella conoscenza del suo Maestro che evoca con il nome di ‘Gesù’, cui aggiunge subito ‘Cristo’ che sta per Messia. L’abitudine rischia di considerare la seconda parola un semplice cognome di Gesù, mentre dentro c’è l’attesa di Israele, il suo rifiuto, la polemica che il pio osservante Saulo inscenerà contro la sua precedente religione. Quel che conta è avere in mente che Paolo nell’indirizzarsi ai romani presso cui si recherà vuol mettere al sicuro il suo Vangelo che è legato al Figlio dell’uomo che è stato costituito Figlio di Dio, in virtù della risurrezione. E ciò è all’origine della grazia dell’apostolato che consiste nel suscitare “l’obbedienza della fede”.



Non ci potrebbe essere maggiore concisione. L’obbedienza della fede dice che non c’è fede senza adesione perché il rischio sarebbe quello di un sentimento vago ed incerto. Ma non è possibile neanche un’adesione senza fede perché sarebbe una sottomissione cieca che produrrebbe solo nevrosi.



Ciò che conta è raccogliere l’appello alla conversione di cui si fa interprete Gesù stesso nel Vangelo. !Questa generazione è una generazione malvagia” la definisce senza peli sulla lingua. Eppure sembrano chiedere solo un segno. Ma il segno è appunto dentro la loro stessa storia ed è Giona che disattende l’invito di JHWH, va per altra strada rispetto a dove viene inviato, finisce in mezzo alla tempesta e quindi in bocca alla balena.



Ma anche in quel caso JHWH lo solleva e lo salva. Come a dire che convertirsi significa credere sempre, nonostante le strettoie della vita e perfino della morte, che Dio ci ha in custodia e che solo lui potrà sollevarci perfino dalla morte. 



Chiediamo che questa fede che fu di Paolo sia sempre di più anche la nostra fiducia quotidiana, specie quando la morte ci sorprende con delle scomparse che ci fanno sanguinare.