Il vescovo alla Commemorazione dei defunti: «Il senso del limite alimenta il desiderio della vita»

È stata una riflessione sulla finitezza della dimensione umana quella sviluppata dal vescovo Domenico in occasione della commemorazione dei fedeli defunti. Rivolgendosi ai fedeli presenti alla messa che ha presieduto nel cimitero di Vazia, mons Pompili ha però osservato che non ci si può fermare al dato della brevità, come fa Seneca nel De brevitate vitae, invitando l’amico Paolino a non sprecare il tempo. Perché le Scritture sanno guardare più a fondo, e aiutano a comprendere che questa brevità non è solo un fatto, ma un dato costitutivo dell’esistenza dell’uomo. «Se c’è una cosa che ci definisce – ha spiegato il vescovo – è che siamo “nudi”, vulnerabili, esposti». E questo ci pone di fronte al bivio tra il «far finta di niente, oppure prendercene cura».

Ma c’è di più, perché è proprio il senso del limite, che alimenta il desiderio di vita di cui siamo fatti, «che non si placa mai» e che «ci spinge ad andare avanti». Infatti, «chi spegne il desiderio muore ancora prima di morire biologicamente». Ma soprattutto, il sentimento umano dell’incompletezza è ciò che spinge ciascuno a cercare Dio. È dall’incompletezza che si impara a guardare il mondo e ad apprendere «quella sapienza che ci fa apprezzare Dio come Colui da cui veniamo e a cui andiamo e che non ci abbandona a noi stessi».

Gesù Cristo è venuto per aprirci a questa certezza, volendo condividere con noi la paura e l’incertezza della passione, del dolore e della morte medesima. Questa compagnia è l’unica in grado di sostenerci nell’ora decisiva. E spiega perché la fede sia la qualità più necessaria se l’uomo constatato il suo limite non vuole sprofondare nella disperazione. La vittoria sulla morte è solo azione di Dio, anzi è la questione che chiama in causa Lui che spesso riteniamo superfluo.

È dunque «solo dopo aver provato il limite della vita, l’angoscia e la paura per la sua brevità» che «siamo in grado di coglierne la bellezza fugace che la rende così drammaticamente suggestiva come le brevi giornate d’autunno». Si ricavano così tre «piccole indicazioni». La prima è che «il pensiero della morte ci fa comprendere che la vita senza Dio non ha senso perché l’uomo non si spiega da solo». La seconda è che «la brevità della vita ci fa ridimensionare le pressioni mondane: avere, apparire, affermarsi». La terza è che «la bellezza della vita ci fa concentrare su ciò che resta: l’amore, la fraternità, le beatitudini in una parola. Se si vuol vincere la morte, infatti, occorre vivere come Cristo ha vissuto».