Il neurobiologo Mancuso: «L’uomo non è il signore di questo pianeta, se continuiamo a sfruttare le altre creature rischiamo l’estinzione»

Dopo le lodi mattutine, la seconda giornata del Meeting dei Giovani di Leonessa si apre con l’intervento di Stefano Mancuso, scienziato innovativo e rivoluzionario, incluso dal New Yorker tra i “world changers”, ovvero tra coloro che sono destinati a cambiarci la vita.

Professore di neurobiologia vegetale e tra le massime autorità mondiali impegnate a studiare e a divulgare le ricerche sulle straordinarie capacità delle piante, creature intelligenti e sensibili, Mancuso ha offerto ai ragazzi un punto di vista del tutto originale.

Mancuso è intervienuto al Meeting in video conferenza dalla sua abitazione a Firenze, città in cui il microbiologo Stefano Mancuso, spiega lui stesso all’uditorio, dirige «un Laboratorio internazionale che studia le piante da un punto di vista nuovo:ne studia le caratteristiche cognitive, come sono in grado di risolvere problemi, comunicare, in modo diverso da come lo fanno gli animali, non avendo un cervello». Tutto il suo intervento è un descrivere la ricchezza di insegnamento che il mondo vegetale può offrirci.

Esso costituisce «dal 97 al 99,7 per cento della biomassa del pianeta», anche se non ce ne accorgiamo, perché da sempre l’uomo tende a dare importanza solo agli animali. L’idea tradizionale è che esistano le pietre che sono statiche e via via, salendo nella scala evolutiva, gli alberi che vivono, poi gli animali che sentono, in cima a tutto l’uomo che è intelligente, dice lo studioso mostrando una nota pianta illustrativa rinascimentale.

«Ancora oggi noi riteniamo che l’uomo sia l’unico essere intelligente e che le piante siano completamente prive di sensibilità, esseri passivi e in grado di fare niente. Invece sono molto più sensibili degli animali, percepiscono molto di più dell’ambiente circostanti, per esempio riescono a sentire i campi elettrici, elettromagnetici, agenti chimici, tutte cose escluse dalla percezione degli animali. Questo cambia completamente la nostra idea del mondo vegetale. Una pianta è consapevole dell’ambiente fisico che la circonda e dei comportamenti delle altre piante».

Proprio perché la differenza con gli animali è che le piante non possono spostarsi, mentre gli animali fanno tutto attraverso il movimento, ci si deve chiedere come facciano a sopravvivere alla predazione e a essere la maggior parte della biomassa. «Le piante sono diverse, non hanno organi: se li avessero, basterebbe che il primo insetto ne mangiasse una piccolissima parte per farle morire. L’architettura delle piante è differente: a differenza degli animali, che concentrano le loro funzioni all’interno di organi specializzati, le piante diffondono su tutto il corpo queste funzioni. Una tale organizzazione permette la rimozione del 90 per cento del corpo senza che la pianta muoia. Avere un’organizzazione diffusa anziché concentrata permette alle piante di essere molto più robuste rispetto agli animali».

Le piante, dice ancora Mancuso, funzionano con un sistema di rete: e dunque anche per quanto riguarda la questione delle relazioni «le piante ci insegnano tanto, perché sono delle reti. La singola pianta è obbligata a vivere in una comunità, per necessità biologica. E questo è un grande insegnamento per noi! La pianta, proprio perché non può spostarsi, ha bisogno di stare in un ambiente con altri elementi che lo condividono».

Il microbiologo invita allora a una conversione mentale: «Una questione fondamentale di cui non ci stiamo accorgendo a sufficienza è che se continuiamo a pensare che l’uomo sia il signore di questo pianeta e dunque può utilizzare le altre creature di questo pianeta a suo piacimento, rischiamo l’estinzione. L’uomo non è il padrone, è il custode di questo pianeta, pensare che tutto ruoti attorno a noi è un errore colossale. Finché non capiamo che le diverse specie hanno la stessa dignità di noi e come noi servono all’equilibrio della vita, stiamo correndo un grave rischio».
La presenza dell’uomo, spiega Mancuso, il tasso di estinzione delle altre specie «diecimila volte superiore al tasso medio»: una catastrofe immane, che ci riguarda, e anche qui dobbiamo imparare dalle piante, che ci fanno capire come «gli ecosistemi sono costituiti da specie connesse le une alle altre. Pensare che il problema non ci tocchi è sbagliato. Siamo noi a rischiare l’estinzione!».

L’interessante lezione a distanza del professore si conclude con un augurio ai giovani che hanno appassionatamente seguito il suo intervento: «Se guardando le piante le guardaste con occhi nuovi e capendo che sono fondamentali per la vita di questo pianeta più di tutti noi per la nostra sopravvivenza, già sarebbe un grande passo. E poi studiarle, perché le loro soluzioni sono assai più avanzate delle nostre e possono insegnarci tanto. Noi abbiamo un’idea della tecnologia esclusivamente legata a un progresso di tipo elettronico e meccanico. Invece sono fortemente convinto che questo secolo ci porterà delle grandi innovazioni che partono dalla nostra maggiore consapevolezza di che cos’è la vita».