Il dono dell’Eucaristia aiuta a vivere secondo la logica di Dio

Da Gesù maestro occorre lasciarsi ammaestrare a vivere una logica tutta diversa, che è la logica di Dio: quella dell’amore. E l’eucarestia, che nella sera del Giovedì Santo diventa «oggetto della nostra contemplazione amorosa» è proprio «il vertice di questo amore, che è disposto persino a farsi strumentalizzare e banalizzare da noi umani».

Le parole del vescovo Domenico, nell’omelia della Messa “in Coena Domini” celebrata in Cattedrale in serata dopo che nel pomeriggio era stato all’hospice, hanno richiamato l’attenzione su quel gesto clamoroso con cui Gesù, nell’ultima cena, spiazza i discepoli: quella lavanda dei piedi che lui stesso, subito dopo, ha ripetuto lavando i piedi ad alcuni parrocchiani di S. Maria e S. Lucia.

Quella Cena pasquale che si svolse, ha detto monsignor Pompili, «in un tempo di buio e di paura, ma anche di intimità e persino di convivialità. Gesù sa bene che cosa lo attende di lì a poco, e tuttavia non indietreggia, anche se sa che la sua vita è in pericolo, e addirittura si espone per un ultimo gesto, quasi una sorta di indifesa consegna», appunto il lavare ai piedi ai dodici. Quel gesto che l’evangelista Giovanni, ha sottolineato il vescovo, ed è il gesto che faremo a breve per rivivere, che l’evangelista «ha cura di descrivere attraverso una sequenza incalzante di 7 verbi: si alzò, depose le vesti, prese un asciugamano, se lo cinse attorno la vita, versò dell’acqua, cominciò a lavare i piedi, li asciugò con l’asciugamano di cui si era cinto».

Un gesto, ha precisato don Domenico, che non va banalizzato: «non si è trattato di un semplice gesto di umiltà, piuttosto un segno profetico che anticipa nel segno ciò che avverrà di lì a poco, la sua morte e risurrezione. Ed è un gesto che spiazza letteralmente i suoi discepoli, tanto che Pietro, che ha sempre il cuore sulla lingua, dice di no, ma Gesù fa capire che quel gesto spiega la purezza dell’amore. L’amore soltanto è puro perché va oltre la giustizia, oltre ciò che è dovuto, e perciò si innesta nei sentieri di ciò che è eccedente, di ciò che è gratuito».

Esattamente il contrario della nostra logica umana: «Noi siamo attestati sul “mors tua vita mea”: Gesù capovolge questo assurno. Ma la cosa più importante non è tanto constatare quanto mediocre sia il nostro tasso di amore, quanto piuttosto cogliere che Dio si manifesta in modo esattamente contrario a quello che spesso per secoli abbiamo ritenuto. Abbiamo spesso immaginato che siamo noi che dobbiamo sacrificarci per Dio. Qui Gesù ci fa scoprire che è il contrario: è Dio che si sacrifica per noi. È questo il senso dell’agnello, di cui Gesù pè espressione, agnello mete che si fa condurre al macello. È questa la rivoluzione di Dio che Gesù ci fa intuire».