Il cardinale Comastri al pontificale antoniano: «torniamo a imitare i santi»

l culmine della giornata del 13 giugno è con l’“ospite d’onore” che è da tradizione un porporato o comunque un alto prelato.

Quest’anno, a presiedere il solenne pontificale vespertino nella festività liturgica di sant’Antonio la Pia Unione ha invitato il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano. L’arciprete di San Pietro raggiunge il vescovado accolto da monsignor Domenico Pompili e da qui, con la scorta di rito, raggiunge con lui la chiesa di San Francesco, dove riceve il benvenuto del priore e dei vertici della Pia Unione S. Antonio e delle autorità (in prima fila il sindaco Cicchetti, il questore Mannoni, i vertici delle forze armate e dell’ordine; non manca un’ampia rappresentanza dei Cavalieri del Santo Sepolcro).

Preceduta dai confratelli con lo stendardo del pio sodalizio, dalla cappella di S. Antonio si snoda lungo la gremitissima navata la processione introitale dei celebranti: con il cardinale e Pompili (il quale, all’inizio della Messa, rivolge a Comastri il saluto di benvenuto della comunità reatina), concelebrano anche monsignor Lorenzo Chiarinelli, il provinciale dei Frati Minori padre Luigi Recchia e altri sacerdoti.

Un invito a mettere al centro i santi e la santità, l’omelia di Comastri, che già nell’intervista alle telecamere di Frontiera Tv aveva richiamato quanto al giorno d’oggi siano ben altri i modelli a cui, purtroppo, si tende a far riferimento: non più i santi, ma i “divi” dello spettacolo, dello sport, della politica. Non più gli eroi della fedeltà al Vangelo, ma chi ha soldi, successo e magari famiglie sfaldate… Il cardinale esplicita alcuni ricordi. Come il partecipante al quiz televisivo, nei giorni successivi alla morte di Michael Jackson, che al conduttore che gli domandava quale fosse il suo più grande desiderio rispose che avrebbe tanto voluto visitare la casa del defunto cantante porgendosi in adorazione di quelle stanze. O la tristezza del figlio di John Lennon nel riferire come il padre fosse in realtà una persona incapace di amare, al punto di confessare di aver rinunciato a diventare padre per timore di essere come lui.

E invece, a ribadire ciò che davvero deve contare per un cristiano, il ricordo di un suo colloquio con Madre Teresa di Calcutta, la quale, al suo invito a rinunciare, nella sua veneranda età e salute cagionevole, al faticosissimo viaggio con tante tappe fra Europa e Asia che stava per intraprendere, gli rispose ribadendo che l’unica cosa che conta è amare e l’unica “valigia” che ci porteremo in cielo è quella dell’amore ed è l’unica che va riempita.

Ecco allora il modello di santità di Francesco, di Antonio e di tanti che hanno messo al primo posto l’amore per Dio e il prossimo, un “successo” ben diverso dai falsi miti di oggi. Torniamo a imitare i santi, ha concluso il porporato, prima di proseguire la solenne liturgia, conclusa la quale si è soffermato a salutare tanti dei fedeli presenti in San Francesco.