I Santi Innocenti, luce di Dio tra le tenebre

Dopo la festa del Natale la liturgia ci fa celebrare i comites Christi, i compagni di Cristo (da cum eo = andare con); santo Stefano il protomartire, san Giovanni, colui che posò il capo sul petto del nostro pellicano (Divina commedia, canto XXV del Paradiso), i Santi Martiri Innocenti, e infine la Madre di Dio. Anticamente si celebravano in questi giorni anche i santi Pietro e Paolo.

Dopo tre giorni dal Natale con tutta la sua poesia, la dolcezza e la tenerezza di un bambino, oggi ci appare tutta la crudeltà del male. Quel bambino ha grandi pretese: è la luce che è venuta per sconfiggere le tenebre e queste gli oppongono resistenza. Il male è anche dentro di noi e se non lo riconosciamo neghiamo il nome stesso di Gesù che significa «Dio salva». Non riconoscere il peccato che è in noi è come dire che non abbiamo bisogno del Salvatore. Gesù è la luce che ci fa vedere la radice del male che abita in noi.

Abbiamo bisogno dell’amore del Salvatore per vincere l’egoismo che sempre si rinnova, per evitare che «il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alle sofferenze di altri fratelli e sorelle, mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità» (papa Francesco, benedizione Urbi et Orbi).

La festa dei Santi Innocenti mette in luce il mistero della malvagità dell’uomo e ci ricorda anche le tante vittime innocenti che ancora pagano nel mondo un prezzo altissimo. Alcuni, assediati dalla sete di potere, vedono gli altri soltanto come avversari e nemici da distruggere. Dio è luce ma gli uomini preferiscono le tenebre. Se però la forza dell’amore la lasci penetrare nel cuore essa ti fa sentire piccolo, peccatore, bisognoso del suo perdono ma anche tanto amato da Dio.

Cerchiamo di vivere questo dono del suo amore in un clima di comunione fraterna e così, al di là della palude del male e delle trappole che tendono insidie al nostro cuore entriamo nel mondo di Dio e nella creatività del bene. Dinanzi al mistero del dolore innocente qual è la nostra parte? Possiamo scegliere di essere come Giuseppe, attento a salvare chi è in pericolo ma anche dobbiamo chiederci se per caso non abbiamo contribuito con i nostri atteggiamenti a far crescere questo dolore negli altri.

Allora vigiliamo su noi stessi e anche questo sarà un modo per proteggere gli altri dal male.

 

Padre Ezio Casella, direttore Ufficio Liturgico Diocesano