I 90 anni di madre Margherita: «Guidata dalla divina provvidenza»

È festa a Borgo San Pietro per madre Margherita Pascalizi, dell’Istituto delle Suore francescane di Santa Filippa Mareri, che in questi giorni compie 90 anni di vita. «Quando ho rinnovato la carta d’identità – ci dice scherzando – me l’hanno rinnovata con scadenza al 30 ottobre del 2027. Hai capito?»

La lunga vita di suor Margherita è insieme la storia di quasi un secolo di Chiesa e di vita nel territorio del Cicolano, ma non solo. Basti pensare che ha preso i voti nel 1942, quando l’antico monastero era appena stato sommerso per sempre dal lago artificiale del Salto per essere ricostruito più in alto insieme al paese di Borgo San Pietro.La lunga vita di suor Margherita è insieme la storia di quasi un secolo di Chiesa e di vita nel territorio del Cicolano, ma non solo. Basti pensare che ha preso i voti nel 1942, quando l’antico monastero era appena stato sommerso per sempre dal lago artificiale del Salto per essere ricostruito più in alto insieme al paese di Borgo San Pietro.

Reverenda Madre, come si puo arrivare con tutta la sua lucidità fino all’età di 90 anni? Quale è il suo segreto?

La mia data di nascità già la sapete, comunque la ripeto: il 30 ottobre 1927. Era di domenica, festa di Cristo Re, perchè prima del Concilio la ricorrenza si festeggiava l’ultima domenica di ottobre. Sono cresciuta in una famiglia normale, mio papà, falegname e muratore, faceva un po’ di tutto: una persona veramente capace ed equilibrata. Io ero una bambina come tutte le altre, mi piaceva giocare, cantare, ballare…

… e guardando al futuro, voleva essere sacerdote, è vero?

Eh… Questo sì! Lo dicevo alla mia mamma: se fossi nata maschio, mi sarei fatta prete. A Poggio Vittiano veniva un sacerdote da Vallecupola. Era bravissimo. Quando il Signore mi ha chiamato, gli ho detto che desideravo essere suora e mi diede buoni consigli.A quale età ha sentito la vocazione per la vita religiosa?Avevo piú o meno quattordici anni. Mi piaceva tanto pregare, andare in chiesa. La mia mamma mi raccontava sempre che avevo uno zio sacerdote che era stato pure il confessore delle nostre suore. Anche lei ha imparato da questo zio la vita cristiana. Quando il sacerdote non veniva alla parrocchia, lei ci riuniva attorno un focolare e diceva: «Adesso io vi faccio da sacerdote, da parroco, e voi siete i fedeli!». Allora ci faceva fare le novene, il Rosario e le altre preghiere. Lei avrebbe voluto essere suora, ma i suoi genitori non erano d’accordo.

I suoi genitori sono stati contenti della sua scelta?

Prima di dire a mia mamma che volevo prendere il velo, sono andata a parlare con una suora di Borgo San Pietro, suor Caterina. Ho fatto tante domande: come si stava, come non si stava, cosa ci voleva per farsi suora… E lei mi diede delle spiegazioni. Fu il primo momento in cui iniziai a provare questo desiderio.

Quindi entrò in convento.

Sì, avevo diciotto anni, era una domenica del 1942. Mia mamma andò a Borgo San Pietro per parlare con le suore. La badessa era di Poggio Vittiano, si chiamava suor Assunta Ballotta, e papà aveva fatto tanti lavori per la sua famiglia, andavamo spesso nella loro casa.

Nella storia di Santa Filippa, qual è l’evento della sua vita che l’ha colpito di più?

Nel 1936 ricorreva il settimo centenario di Santa Filippa. Ero bambina, avevo circa undici anni, e mi piacque tanto la sua storia. Specialmente il fatto che lei era ricca. Mi veniva da pensare: «Guarda un po’, era così ricca, così benestante, e pure s’è donata al Signore, facendo tanti sacrifici». È questo che mi aveva aveva colpito di più, insieme al suo essere stata eremita sulla montagna.

Come si sentì restando dietro la porta del convento? I genitori erano partiti, lei era rimasta sola…

Le nostre suore nostre fantastiche. Specialmente ricordo le più anziane con tanta tenerezza. Quando mi videro, cominciarono a far festa. Certo, mi scappò una lacrimuccia quando mamma partì, però non piú di tanto. Ho cominciato con la maestra che era molto brava, non aveva fatto studi particolari, però era molto matura a livello umano. Pochi giorni prima di me era arrivata suor Francesca De Ioannon, poco dopo suor Chiara. Quindi eravamo tre. Allora già stavamo meglio, perché tra di noi potevamo parlare, ma sempre con un accordo, un rispetto meraviglioso.

Passano gli anni. Dopo la sua professione perpetua, a che servizio è stata chiamata?

Nel settembre del 1949 ho fatto la professione perpetua, dopodiché mi fecero prendere subito la terza media, non frequantando la scuola pubblica, ma facendo la scuola privata. Ha fatto tre anni in uno. Allo stesso tempo aiutavamo anche nei lavori domestici. Erano tante le suore anziane e già avevamo preso la cura delle orfane. Quindi, dovemmo studiare e lavorare. Agli esami, a Rieti, fummo promosse. Mi piaceva studiare.

Qual è la frase della Bibbia più importante per la sua vocazione, per il suo cammino dopo novant’anni di vita?

Per quanto riguardava il fattore economico, io mi ricordavo sempre delle preghiere che mi faceva fare la mia mamma alla Divina Provvidenza. La Provvidenza era per lei come una divinità. Insieme con le Anime Sante del Purgatorio erano i punti di riferimento anche della vita pratica. Per qualunque cosa, come le difficoltà, mamma diceva la preghiera alla Divina Provvidenza. E dopo le preghiere sembrava che effettivamente le cose accadessero. La Divina Provvidenza è stata per me un punto di riferimento in tante situazioni, nel portare avanti i progetti come le case da aprire, e anche per portare avanti il passaggio dalla clausura alla vita apostolica. Dicevo al Signore: «Se è volontà Tua, togli qualche difficoltà! Se non è volontà Tua, mettimi tante difficoltà, così che io possa capire che non è la Tua volontà, quindi non la faccio».

Celebriamo la solennità di Tutti i Santi. Quali sente più vicini oltre a santa Filippa, san Francesco e santa Chiara…

Tanti, tanti santi! Quelli dei nostri paesi, sant’Urbano di Rigatti, san Sisto di Girgenti, san Michele di Varco Sabino, san Liberatore (che sarebbe sant’Atanasio) di Poggio, sant’Antonio di Padova, santa Brigida… tanti santi. Nelle mie preghiere includo sempre sia le persone vive, sia che stanno ancora in purgatorio. Poi le novene… la preghiera più bella è: «Signore, fammi capire la Tua volontà!»Qual è la cosa più importante che ha realizzato?La piú grande è stata portare avanti sempre la devozione a santa Filippa. Ci tengo proprio tanto. Poi a santa Chiara, perche è stata vicina a san Francesco, ma santa Filippa fu la prima seguace, san Francesco le aveva dato come padre spirituale il beato Ruggero da Todi. I frati hanno sempre valorizzato la santità di Santa Chiara, e Filippa è restata nell’ombra. L’opera grande allora è stata quella di mettere in luce la storia di santa Filippa. Nel 1986 facemmo un grande convegno e parlarono i migliori professori della scuola di Manselli, un grande studioso della vita francescana. L’altra opera è la vita scolastica. Per un periodo di tempo abbiamo avuto le scuole superiori, abbiamo tenuto una scuola professionale e una scuola magistrale. Ho mandato tante suore a studiare, perchè mi sembra importante un adeguato livello culturale. Ma il lavoro è sempre comune. Dietro a quelli che stanno sul palco, c’è il lavoro di tanti. Mentre io facevo questo, c’era anche chi  faceva pulizia, lavava piatti… se non ci fosse  quest’armonia, non si potrebbe fare niente.

Lei ricorda tanti vescovi della diocesi di Rieti. Quali con un affetto speciale?

Mi ricordo tutti, ma mons Trabalzini in modo particolare.

E mons. Rinaldi?

Il vescovo Rinaldi ci ha aiutato nell’apertura, cioè nel passaggio dalla clausura alla vita apostolica. Con Rinaldi avevo fatto la Cresima, ma a Poggio Vittiano.

Le vorrei domandare dei suoi incontri con i sommi pontefici…

Con san Giovanni Paolo II ho parlato tante volte. L’ultima volta lo incontrai tra Monte Rotondo e Roma, lo gli chiesi: «Faccia qualcosa pure Lei per santa Filippa!». Il Santo Padre mi promise di aiutarci. Ricordo che, preparando la Positio, volevo andare dal cardinale Ratzinger per domandargli: «Quale valore dà a questo documento di papa Innocenzio IV, che proclama Filippa santa?».

E l’ultimo incontro con papa Francesco, che ha visitato il monastero di Borgo San Pietro ad agosto dell’anno scorso?

Quando è arrivato, il Papa mi ha preso per mano, come una ragazzina. Ho detto: «Santità! Mi dia la benedizione, perchè tra poco il Signore mi chiamerà a rendere conto». E lui, a voce bassa: «Perchè? Quanti anni hai?». Rispondo: «Ottantanove», ma sembrava non crederci. Però la benedizione l’ho avuta! Se dovessi raccontare quante grazie il Signore mi ha fatto! Sono infinite, sotto tanti punti di vista. Anche quando mi fecero badessa: ero giovanissima, mi trovavo un po’ in difficoltà, però le nostre suore, particolarmente suor Gemma, mi hanno aiutato tanto.

Per concludere, può dirci la bella preghiera che recita sempre?

È breve: «Signore, prendi me quando vuoi, ma nel momento in cui Ti amo di piú. Non per merito mio, ma perchè Tu hai detto: “Vado a prepare un posto a te”». Questa preghiera non è solo personale, ma anche per tutte le persone che in qualche modo ho incontrato. Li voglio vedere in paradiso. Se no, mi metto alla porta io e faccio entrare tutti. L’anticamera si fa in questo mondo, ma poi l’ingresso deve essere aperto subito. Qualcuno mi ha domandato: «Sei sicura tu di andare in paradiso?». Non per me, ma per quello che ha detto il Signore, sono sicura che ci vado. Il Signore ha detto, che la Sua misericordia è infinita. Allora, io mi getto nell’oceano della Divina Misericordia.