Giornata mondiale dei poveri, il vescovo: «Ognuno faccia la propria parte per superare la paura»

Prevalentemente parrocchiale, quest’anno, in diocesi, la celebrazione della Giornata mondiale dei poveri. Per la terza edizione della ricorrenza, indetta da papa Francesco al termine del Giubileo straordinario della misericordia e fissata nella penultima domenica del tempo ordinario, l’indicazione della Caritas diocesana è stata di viverla in modo diretto nelle parrocchie. Due, in città, quelle che hanno raccolto il suggerimento di svolgere un “pranzo di comunità” insieme ai bisognosi: Regina Pacis (dove si è svolto anche, durante la Messa festiva, il rinnovo dell’impegno del gruppo Caritas) e San Michele Arcangelo. In altre si sono tenute raccolte – in denaro o generi alimentari – per sostenere l’attività caritativa verso i poveri.

L’appuntamento comune è stata la concelebrazione eucaristica del pomeriggio in San Domenico, presieduta dal vescovo. Affiancato dal direttore della Caritas, dal vicario della zona cittadina e altri sacerdoti, monsignor Pompili ha preso spunto dalla liturgia domenicale per richiamare il senso di quelle parole “apocalittiche” di Gesù nel Vangelo, che mette in guardia da violenze, persecuzioni, distruzioni. Non per mettere paura, ha detto don Domenico, ma per infondere speranza.

«Nel mondo oggi c’è molta paura, anzi c’è chi soffia sul fuoco per alimentare la paura. E una delle forme con cui si alimenta la paura è spesso la nostra relazione con i poveri, presentati e spesso additati come le cause di certi fenomeni, mentre in realtà i poveri spesso di tali fenomeni sono spesso le vittime». Ecco dunque, ha sottolineato don Domenico, che Gesù vuole proprio mettere in guardia dalla paura, da quella irrazionalità «che ci porta a voler cercare sempre il capro espiatorio, o se volete l’untore, quello a cui addebitare tutto ciò che c’è di negativo».

Al contempo, «l’atteggiamento che Gesù intende stigmatizzare è l’ozio, cioè l’atteggiamento di chi insegue coloro che a parole sembrano voler risolvere i problemi troppo facilmente», ha proseguito il vescovo, richiamando le parole di Paolo nella seconda lettura chi non lavora neppure mangi: «come a dire che la fatica di vivere la si attraversa grazie al lavoro, non standosene con le braccia conserte», il pericolo che correva la prima comunità cristiana: «di fronte all’annuncio della fine del mondo, molti preferivano starsene da parte in attesa della fine, mentre san Paolo dice che occorre perseverare».

Un insegnamento, questo del lavoro e della perseveranza per risolvere i problemi, «molto utile anche ai nostri giorni», ha insistito Pompili: «i problemi non si trasformano con la bacchetta magica, ma attraverso il lavoro quotidiano». Proprio in questo senso va visto «l’impegno della Caritas, con un lavoro sempre più rigoroso: certi problemi se non sono affrontati con continuità, con perseveranza, non si risolvono».

Ecco allora l’invito della Parola di questa domenica: «fare dei poveri non il problema, ma piuttosto la spia di una società che vogliamo portare a migliorare». Occorre dunque che ognuno «faccia la propria parte, superando la paura e questa forma di rassegnazione che è il dolce far niente».