E se san Francesco passasse ad Amatrice?

Ci ancora le macerie, ma anche i primi scorci di primavera: i prati in fiore, i torrenti alimentati dalla neve che si scioglie e il cielo azzurro, nel video realizzato tra le frazioni di Amatrice da padre Roberto, uno dei frati impegnati nella cura spirituale delle popolazioni colpite dal terremoto.

Tanti piccoli segni della vita che non si rassegna contrappuntati da un’ipotesi immaginaria: un inaspettato ritorno di san Francesco, di passaggio in quelle terre. Uno spunto poetico per uscire fuori dalla dura quotidianità del terremoto che insieme prova a cogliere i desideri, le speranze, le emozioni di chi il sisma lo ha vissuto sulla sua pelle.

«Se viene qua san Francesco, che gli dici?», è la domanda ricorrente, rivolta da Umberto Caraccia, operatore della Caritas diocesana, alle persone che incontra nel suo quotidiano muoversi per intercettare e soddisfare i bisogni di una situazione ancora irrisolta. E le risposte – tutte diverse – non mancano di semplice concretezza e inaspettata profondità. C’è infatti chi chiederebbe di «proteggere le bestie» o «una grazia che ci aiuti a ricostruire il più velocemente possibile», ma non manca la voce di una signora che dal santo si farebbe insegnare a «vedere le cose come le ha viste lui, con la stessa percezione delle persone, della natura, degli animali».

Il perché lo spiega frate Massimo, un altro dei religiosi attivi sui Monti della Laga: «Francesco è contemporaneo a questo nostro stare qui». Ha buona ragione il parroco don Savino, dunque, che al Poverello chiederebbe «di ricostruire la Chiesa, cioè la comunità», come aveva fatto nell’Italia del suo tempo.

A fare da contrappunto poetico all’inchiesta, un folle – lo stesso Umberto – che s’arrampica dappertutto per scrutare l’orizzonte, sempre seguito dal frate che lo prega di tornare a terra. Ma quella pazzia è ammantata di saggezza: il folle cerca Francesco copiando Zaccheo, che per vedere Gesú salì sul Sicomoro.

Il frate lo comprende solo quando Umberto scende e si mette a correre: la figura di Francesco si scorge in lontananza. Il santo sta realmente attraversando a piedi nudi i prati e i sentieri dell’Amatriciano e, alla fine del video, la voce fuori campo sembra mettere in versi i suoi pensieri.

Sono quelli di un uomo che, camminando in mezzo alle macerie, si fa il segno della croce e fatica a darsi una spiegazione. «Qui c’era una casa, più in là un letto ancora sfatto, una bicicletta storta, che non corre più, appoggiata al muro…». Corre invece ancora l’acqua di una fontanella, indifferente: non si è seccata come le lacrime della gente, che troppe ne hanno versate a causa del terremoto. Il santo batte il pugno sull’ultimo muro rimasto in piedi e continua a non trovare una risposta. Eppure il nome di quel paese era tutto un programma: «Amatrice: “ama”. Ma come si può amare?».

Una domanda che ha in sé la risposta, perché amare «è l’unica cosa che possiamo, anzi che vogliamo fare». E chiedendo ad Amatrice di non stancarsi di amare, san Francesco si rivolge a Gesù: «Adesso falla fermare questa terra, e se proprio deve tremare, almeno non farla crollare».