Così lontani, così vicini

«Il coronavirus – ha detto il vescovo Domenico ieri sera – è stato anche una prova per la democrazia».

«Non nel senso che essa sia stata abolita, nonostante le misure drastiche di riduzione delle nostre libertà personali. Direi invece che questo tempo sospeso ha risvegliato le nostre responsabilità sociali: velocemente siamo tornati a dedicarci all’informazione e alla conoscenza, e qualche volta persino a cambiare radicalmente abitudini e prassi consolidate. Il tempo della distanza fisica ci ha fatto paradossalmente ritrovare il prossimo, anche se non ci sta accanto, se non abita nel nostro stesso condominio, anche se non è necessariamente un amico: abbiamo così assaporato l’esperienza di essere sulla stessa barca e di dover agli altri e di attendere dagli altri attenzione e rispetto: in una sola parola, solidarietà».

«Da troppo tempo in effetti, la democrazia come partecipazione attiva si era andata progressivamente eclissando in nome di una facile delega. Troppi erano diventati passivi ascoltatori degli eventi politici, dei giochi di potere, della competizione: mentre la democrazia richiede di scendere in campo, non di limitarsi a starsene comodamente in panchina a criticare gli altri».

«A questo proposito sarà importante per il futuro, poichè non senza enfasi retorica si dice che nulla sarà più come prima, che ad affermarsi non sia la ragione degli interessi di parte, ma quella degli interessi di tutti, a cominciare dei bisogni dei più deboli, degli ultimi, e di chi è stato gettato in una crisi imprevista e tragica».

«Le ragioni della finanza, della produzione e del commercio avranno senso se saranno commisurate ai diritti dei lavoratori, della società e di più equi rapporti sociali. La quadratura del cerchio di una democrazia moderna è infatti mettere insieme tre indicatori, che non vanno esattamente nella stessa direzione: la libertà politica, lo sviluppo economico e l’equità sociale».

«Il coronavirus – ha concluso monsignor Pompili – ci ha insegnato che o cambiamo il nostro modo di vivere in questo mondo o saremo destinati ad un futuro incerto fatto di ingiustizia, di sfruttamento e di insensibilità. Esercitare l’azione politica allora – e non dimettersi dalle proprie responsabilità – è l’unica strada per evitare che si rimetta in modo la vecchia macchina: quella che ci ha lasciati a piedi».

 

Vignetta di Mauro Biani